"Vado pazza per il musical", una milanese a Edimburgo

Da oggi fino al 31 agosto "Mad Women in my Attic!" di Monica Salvi sarà in scena al festival di teatro Fringe di Cecilia Daniele

L'attrice Monica Salvi nel musical "Mad Women in my Attic!"

L'attrice Monica Salvi nel musical "Mad Women in my Attic!"

Milano, 7 agosto 2015 - "Tutto è iniziato più di vent’anni fa, quando ho visto il mio primo musical a Londra, Phantom of the Opera. Fino ad allora non avevo mai emesso una nota in vita mia ed ero timidissima. Quella sera dentro di me è scattato qualcosa". Monica Salvi non ha dubbi: è il teatro la sua vita, la sua scelta professionale e artistica. Milanese di nascita, londinese d’adozione, ha studiato alla Bernstein School of Musical Theater a Bologna e alla Royal Academy of Music di Londra, dove si è trasferita nove anni fa. Da oggi fino al 31 agosto sarà in scena al Festival di Teatro Fringe di Edimburgo con “Mad Women in my Attic!”, un one-woman show da lei interamente ideato, scritto, prodotto e interpretato.   

Com’è nata l’idea dello spettacolo? "Lo show si ispira in maniera autoironica al fatto che spesso mi sono ritrovata a interpretare ruoli di figure femminili più o meno folli, da Bertha (la moglie di Rochester in Jane Eyre alla mendicante pazza in Sweeney Todd. In Mad Women in my Attic! vesto i panni di una paziente di un manicomio che decide di intrattenere gli altri pazienti raccontando tra una canzone e l’altra come è finita nell’istituto dopo aver cercato di intraprendere la carriera teatrale. In fondo credo che in tutti noi ci sia una piccola vena di follia. Se viene incanalata in maniera corretta e creativa può essere fonte di ispirazione".

  Lo spettacolo si snoda attraverso canzoni legate al tema della follia (scritte da compositori di musical e non), svariati cambi di costume e di personaggio. È difficile gestire la scena? "Nella fase di preparazione bisogna pulire tutti i dettagli, i movimenti, curare l’interpretazione e la tecnica vocale. Un aspetto complesso è quello dei cambi d’abito, che avvengono a scena aperta, con movimenti quasi coreografati. Non posso permettermi errori. C’è anche un grande impegno mentale, perché da sola devo riuscire a catturare e mantenere alta l’attenzione. Il modo migliore per farlo, in uno spettacolo solista, è divertirsi insieme al pubblico coinvolgendolo, come avviene in due scene dello show quando alcuni spettatori diventano miei comprimari sul palco". 

È diverso lavorare all’estero rispetto all’Italia? "Qui c’è un modo diverso di fare questo mestiere, c’è più sinergia tra colleghi, artisti e produttori e una maggiore organizzazione. Inoltre il pubblico è incline a sperimentare, quindi è più facile osare. È un modo di fare teatro che sento mio". 

Un consiglio a chi ha la sua stessa passione? "Ai ragazzi che si avvicinano al teatro e al musical dico di andare a vedere tanti spettacoli ed evitare i reality show: i primi ti insegnano a recitare, i secondi a fingere. E di fare questo mestiere per amore dell’arte e non per amore della fama. Il pubblico percepisce l’autenticità di chi è sul palco". 

di Cecilia Daniele

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