Milano, 14 marzo 2012 - Cosa succederebbe se uno dei cantanti italiani più amati venisse ucciso durante il Festival di Sanremo? Inizia così “La confessione”, il primo noir firmato Enzo Ghinazzi, in arte Pupo. Come recita il titolo però, prima di essere un giallo è un'autobiografia romanzata ma non troppo di mister “Gelato al cioccolato”. “Le assonanze con la realtà ci sono”, ammette il cantante. Tranne per un dettaglio: l’altezza. Enrico, il protagonista alter ego di Pupo, è uno marcantonio. “Mi sono tolto una soddisfazione”. E non è l'unica.

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Partiamo da Sanremo: nel libro ci vai giù pesante. Ad esempio, racconti che la morte di Enrico fa schizzare l’audience a picchi del 90% del share. Per te è l’unico stratagemma per salvare il Festival?
“Il libro non è tenero con il mondo dello spettacolo, ne denuncia le nefandezze. E Sanremo è un amplificatore pazzesco del nulla. Ma che una morte celebre diventi un motivo per gonfiare gli ascolti non è certo una novità. Lo stiamo vivendo proprio in questi giorni con la scomparsa di Lucio Dalla”.

Poche tenerezze anche per la Rai. Ti sei tolto qualche sassolino dalla scarpa?
“No, non ho niente da dimostrare, posso permettermi di fare quello che mi piace”.

Però nel libro, come nella tua partecipazione allo show di Celentano a Sanremo, auspichi la privatizzazione della Rai. Per te è la salvezza dell'azienda?
“La Rai sta passando il momento peggiore a livello creativo, schiacciata dagli interessi politici. La privatizzazione potrebbe essere una soluzione per uscire dall'asfissia”.

Rimaniamo a Sanremo: si vocifera che tu sia stato scelto per la parentesi di Celentano perché Chiaramonte, il tuo manager, gestisce anche il suo ufficio stampa…
“Non c'è niente di più falso perché Celentano non fa queste cose. Chiaramonte non era a conoscenza della cosa. Adriano mi ha chiamato per la scenetta dei bassi perché ha identificato in me l'unico credibile per fingere un’improvvisa reazione del pubblico. E infatti tutti hanno abboccato”.

Torniamo al libro. Nell’ultima parte fai un lungo elogio del rischio.
“Ma “La confessione” è proprio il racconto di una grande partita a poker, come è sempre stata la mia vita. È la storia di un uomo che sfida la vita, la morte, i tabù”.

Tabù. Nel libro squarci un velo sulla tua notoria “bigamia”: come hanno reagito la tua compagna Patricia (nonché manager) e tua moglie Laura?
“Innanzitutto bigamia non è il termine giusto, perché è reato. Meglio poli-amore. Da 24 anni ho una relazione sincera con due donne. Viviamo conflitti di un rapporto difficile ma le gioie di una scelta che ci ha dato molti equilibri. Il romanzo mi ha permesso dedicare qualche pagina per raccontarlo. Ho rifiutato di scrivere libri, anche dietro lauto compenso, per spiegare com’è vivere con due donne perché lo trovavo squallido”.

Nel libro: “La morte è femmina, femmina è la vita”. Hai un'opinione molto alta delle donne...
“Le donne sono state tutto per me. Mi hanno allevato come la lupa con Romolo e Remo. Forse un po' donna lo sono anche io. Non sono mai stato sicuro di essere completamente eterosessuale. Magari nel prossimo romanzo…”.

Il libro è dedicato al padre Fiorello: che ricordi hai di lui?
“Pochi ma straordinari. Ha sempre avvallato le mie scelte”.

La canzone che vince nel noir, “Brava gente”, è un modo per riabilitare “Italia amore mio” (cantata nel 2010 con il principe Emanuele Filiberto, ndr)?
“Gli italiani non sono stati così drastici come la stampa. All’estero ha commosso molti italiani”.

Nel libro c'è un’altra canzone, “Per voi due”, dedicata alle due donne di cui Enrico/Pupo è innamorato
“È la più bella canzone che abbia mai scritto negli ultimi dieci anni. Mi sa che la porterò al prossimo Sanremo. Ho già la melodia ma non la rivelo. E con il solo testo pubblicato non la possono inficiare”.

di Luca Zorloni

luca.zorloni@ilgiorno.net

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