Jerry Calà torna al Nuovo: "Noi yuppie, altro che i giovani d’oggi"

Lo showman: inseguivamo sogni, ora vedo rassegnazione

Jerry Calà

Jerry Calà

Milano, 19 febbraio 2018 - I lunedì dal Jerry. Che ogni tanto compare lì sul palco del Nuovo, riempie la platea e torna a casa. Dopo due ore di puro intrattenimento. Neanche fosse la sua personalissima Capannina, di fianco a San Babila. E così stasera torna l’appuntamento con il suo «Jerry Calà Show», 45 anni di carriera raccontati fra musica e parole. Dai Gatti di Vicolo Miracoli ai cult Anni 80. Doppia libidine. Coi fiocchi.

Jerry, che succede su quel palco?

«Ci si diverte. Racconto la mia vita e canto, come già facevo da ragazzino nella Verona Beat. E quindi i Gatti, il Derby, Jannacci, Cochi e Renato, il mio amico Califano, gli Anni 60 di “Sapore di mare” e il piano bar di Billo Damasco in “Vacanze di Natale”, il personaggio che mi è rimasto più addosso. Mi muovo avanti e indietro nel tempo, aiutato da una grande orchestra».

Lei sembra sempre amato dalla gente.

«È così. Sa da cosa l’ho notato? Dall’applauso quando entro in scena. Credo che dopo tanti anni si capisca la passione che metto in questo mestiere, che magari affronto con semplicità ma efficacia. E poi continuo a emozionarmi».

L’incontro più importante?

«Da ragazzo con Umberto Smaila. S’immagini in provincia, una volta finito il liceo iniziarono un po’ tutti a diventare avvocati, medici, notai. Un giorno invece Umberto mi dice: “Io non ce la faccio ad andare all’università” e da lì è partito tutto, siamo praticamente scappati di casa».

Quando abbandonò i Gatti l’accusarono di tradimento?

«È sempre così, ci sono strascichi. Ma sono finiti in fretta. Continuiamo a frequentarci, una volta sono anche saliti qui sul palco del Nuovo. Siamo un po’ amici e un po’ parenti. D’altronde stava passando il treno del cinema».

È vero che fu Bud Spencer a convincerla?

«Sì, è stato lui anche a insegnarmi l’Abc della recitazione cinematografica. All’epoca non riuscivo a scegliere, di notte scappavo a far serata con i Gatti. Il problema è che alla mattina non riuscivo a lavorare. Un giorno trovo Bud che mi aspetta all’alba nella hall dell’albergo, le braccia conserte. “O stai coi Gatti o fai bene il film”, mi dice. E ho scelto il cinema».

Ora i suoi film sono cult, continuano a trasmetterli.

«Se pagassero come all’estero potrei stare a casa. È incredibile».

Il suo preferito?

«Il secondo con Marco Risi, “Un ragazzo e una ragazza”. Ma un personaggio che mi ha dato molto è stato il muto in “Al Bar dello Sport” con Lino Banfi. La critica disse che ero meglio di quando parlavo…».

All’epoca era sempre circondato da donne bellissime.

«Prima fra tutte Mara Venier, siamo stati insieme a lungo e ora siamo cari amici. Al cinema io e Marina Suma eravamo una grande coppia. Ma ricordo anche l’incontro con la Sandrelli, per me un mito assoluto, di incredibile semplicità e gentilezza. Fu un onore».

Erano i favolosi Anni 80.

«So che molti li criticano ma nel bene e nel male c’era un entusiasmo diverso. Noi yuppie eravamo dei cazzoni, ma avevamo voglia di fare, di prenderci i nostri sogni».

Mentre ora?

«Non so, io vedo i ragazzi rassegnati, in attesa. Come se non volessero più andare a vivere da soli».

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