Sparatoria a Bruzzano, il film della strage. Ecco come il killer ha ucciso

Vi mostriamo le immagini e il video della mortale sparatoria. Kastriot Zhuba sembra dire: "Aspettate che torno". Pochi minuti dopo dà il via alla mattanza in piazza Giustino Fortunato FOTO - Sparatoria a Milano, ecco come ha agito il killer di Anna Giorgi e Nicola Palma

Sparatoria a Bruzzano, il video delle telecamere di sorveglianza (Newpress)

Sparatoria a Bruzzano, il video delle telecamere di sorveglianza (Newpress)

Milano, 22 settembre 2014 - La lucida freddezza del killer. Ripresa fotogramma per fotogramma. Ore 21 di giovedì sera, siamo davanti a un bar di piazza Giustino Fortunato, a due passi dall’ospedale Galeazzi. Una telecamera immortala in primo piano l’albanese Kastriot Zhuba, lo spietato assassino di Bruzzano. Ci sono altre persone davanti al locale, compresi i due connazionali che tra qualche istante verranno investiti come bersagli mobili da una raffica di pallottole. Zhuba fa un gesto con la mano, quasi a dire: «Aspettate, torno subito». Sparisce dall’inquadratura e ricompare poco dopo: ora in mano ha una pistola, spara per uccidere. Arben Khtella, 41 anni, viene colpito a morte. Il cugino Modi, ferito, trova chissà dove la forza per scappare sotto i portici di un condominio: corre alla disperata, tenendosi il fianco per tamponare il sangue. Il «criminale di spessore», come l’hanno definito gli inquirenti a poche ore dal fermo, lo insegue tra gli alberi del parchetto di via Longoni, ma non riesce a raggiungere la «preda»: Modi si è acquattato tra i cespugli, terrorizzato. Così riuscirà a salvarsi la vita.

FOTO - Sparatoria a Milano, ecco come ha agito il killer

E sarà il suo racconto, messo a verbale da un letto del Fatebenefratelli, a incastrare l’aggressore. Perso nel buio il più giovane dei Kthella, Zhuba torna sui suoi passi per raggiungere l’altro e accertarsi che sia morto: sembra tranquillo, cammina come se nulla fosse. In piazza ormai non c’è più nessuno: spaventati dagli spari, i presenti si sono messi al riparo. A terra resta solo Arben, agonizzante: Kastriot lo finisce senza pietà. Qui termina il video acquisito dai carabinieri del Nucleo investigativo. Il resto lo ricostruiscono i testimoni oculari della mattanza. Il trentottenne ferma un’auto: alla guida c’è un manovale egiziano, Ibrahim Sharara. Passa lì per caso, e sarà la sua condanna a morte. Casuale quanto inevitabile.

Zhuba sale in macchina, ma qualche centinaio di metri più avanti uccide pure il nordafricano con quattro colpi a bruciapelo, probabilmente per eliminare un testimone scomodo. Poi si mette lui alla guida dell’Opel e fugge via a tutta velocità. Si ferma alla prima area di servizio dell’autostrada, quella di San Zenone al Lambro. Lì lo intercettano gli agenti della Stradale: gli chiedono i documenti, gli stanno addosso. Lui, completamente ubriaco, prova l’ultima follia: rubare un’altra macchina ferma alla pompa di benzina. Niente da fare. Ora si trova in carcere: deve rispondere di duplice omicidio e del tentato omicidio di Modi Kthella. Non basta. Sì, perché dietro le sbarre gli è stato immediatamente recapitato un mandato di cattura internazionale per i tre ammazzati in Albania nel settembre del 2012. Già allora Zhuba aveva dato prova della sua inumana ferocia, trucidando senza pietà un vicino di casa e i suoi genitori. Con un kalashnikov. In mezzo alla strada. Come l’altro giorno a Milano. Sulla sua testa pendevano anche una taglia da 70mila euro e la scomunica della chiesa locale. Adesso è arrivato il conto da pagare.

anna.giorgi@ilgiorno.net

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