Gli sparano davanti alle figlie. E nel fortino di Baggio scatta la caccia agli albanesi

C’erano un centinaio di inquilini, tutti quelli del civico 26, che hanno visto, sentito e protestato in strada con urla e grida anche rivolte a carabineri, 9 gazzelle, e polizia, due pattuglie di Mario Consani e Anna Giorgi

Vetrata distrutta dalla potenza di un proiettile

Vetrata distrutta dalla potenza di un proiettile

Milano, 22 gennaio 2015 - Due fori di proiettile nel vetro della porta d’ingresso al civico 26 della torre bianca numero 4. Mamme con bambini che entrano ed escono da quella porta, mandata in parte in frantumi dalla sparatoria di martedì notte. Inutile chiedere loro che cosa è successo, perché la risposta è sempre la stessa: «Non so, quei buchi sono lì da tempo». E poi: «Dicono che abbiano sparato l’altra sera, ma non ero a casa». E ancora: «Ho sentito rumore sì, ma poi ci siamo chiusi in casa a giocare alla play», intanto tre ragazzini si fanno un selfie vicino al buco del proiettile. «Lo mettiamo su facebook». Per loro, un modo come un altro di passare il pomeriggio. In questa periferia a ovest di Milano, che vive spesso oltre i limiti della legalità, quartiere difficile, nel cuore di Baggio, tutti fingono di non sapere cosa è successo: «Istinto di sopravvivenza in posti come questi», dice Monica, l’unica che ha il coraggio di dire il suo nome. E di raccontare che l’altra sera in quel palazzo due albanesi hanno rincorso un loro “conoscente” e gli hanno sparato. «Uno a posto che sì, in passato è stato in carcere per furtarelli, ma che ha sempre mantenuto la famiglia, quattro figli». E degli albanesi dice: «Non sono del quartiere perché qui ci si protegge tutti. Non abitano qui perché altrimenti ieri sera ci sarebbe stato un linciaggio. Li sarebbero andati a prendere a casa». Ma tutti sanno chi sono. E Monica è la prima, dopo due ore passate nelle vie tortuose che costeggiano le sette torri, ad ammettere che sì, c’è stata una lite. A non dire che non ha visto, né sentito nulla. A raccontare di un ferito grave portato al Niguarda, ma che ora sta molto meglio e di una donna che si è sentita male. «Forse la moglie».

La sparatoria di martedì sera alle torri bianche di Baggio, poteva finire con un morto. Per un soffio Alessandro C., precedenti per furto (era stato arrestato il 6 gennaio), è riuscito a proteggersi da quella scarica di proiettili, correndo lunghe le scale di sicurezza del palazzo, sui gradini ancora una lunga scia di sangue. In cortile, davanti al palazzo erano rimaste le tre figlie e la moglie che lo avevano seguito, quando poco dopo le 22 aveva deciso di scendere in strada, dove due albanesi lo stavano aspettando e stavano già litigando con una terza persona (forse il figlio). Movente sentimentale dietro la lite, secondo gli inquirenti. La ricostruzione dei carabinieri racconta che Alessandro C. aveva assitito alla discussione e che a quel punto allora lui, in casa con la moglie e altre tre figlie si sarebbe precipitato in cortile. Uno dei due albanesi avrebbe estratto la pistola e fatto fuoco. Quando lui ha tentato di scappare loro lo avrebbero raggiunto nel piano ammezzato tra il quinto e sesto piano e gambizzato. Martedì sera c’erano un centinaio di inquilini, tutti quelli del civico 26, che hanno visto, sentito e protestato in strada con urla e grida anche rivolte a carabineri, 9 gazzelle, e polizia, due pattuglie. Le indagini sono coordinate dal pubblico ministero Adriano Scudieri.