Ragazzo sfregiato con l'acido, Pietro nel gorgo degli amanti diabolici. Ma perché la vendetta contro il fotografo?

Giovane di 24 anni schiva il primo agguato e la coppia torna e si apposta per ore di Marinella Rossi e Marianna Vazzana

Alexander Boettcher e Martina Levato in tribunale con la polizia penitenziaria

Alexander Boettcher e Martina Levato in tribunale con la polizia penitenziaria

Milano, 20 gennaio 2015 - «Ti ho cercato perché lui si è sc... un’altra davanti a me». Solo per quello. Una rivalsa. Giugno 2014. Settembre 2014: «Il mio ragazzo mi tratta sempre di m... e non dice mai che sono carina». L’esame delle chat (poche sono pubblicabili) fra Martina Levato e Pietro Barbini (che da Martina viene orrendamente sfregiato dall’acido buttatogli in faccia il 28 dicembre, e sulla scena compare l’amante di lei, Alexander Boettcher, con tanto di martello) testimonia un intricato e degradato rapporto. Fatto di avance, ripicche, foto seminuda, riferimenti a pratiche sessuali insoddisfacenti o estreme, insulti reciproci su caratteristiche fisiche, fino all’apoteosi finale – di cui si è già scritto - del «sei una mangiam...», con cui Pietro adombra anche una sorta di minaccia (mai agita) di «dire tutto a quelli del Parini», e dopo essere stato accuratamente contattato e relazionato da Boettcher (con parole, foto e video) su quanto fa fare alla sua “schiava d’amore“ Martina. Pietro pare pagare crudelmente l’aver interferito nella discesa negli inferi sadiani di questa Nouvelle Justine bocconiana e dal linguaggio che farebbe arrossire un camallo del porto di Genova. Ma un ragazzo come Giuliano C. (la seconda vittima del duo Levato-Boettcher, secondo l’ipotesi del procuratore aggiunto Alberto Nobili e il sostituto Marcello Musso) per cosa paga? Il giovane, 24 enne fotografo di eventi e moda potrebbe avere incontrato solo di striscio - a giudicare dal fatto che lui non ricorda un legame nel suo passato con Martina - la ragazza sottomessa di Boettcher. Tanto che riconosce la giovane e, a spanne, lo stesso Boettcher, solo dopo che i due finiscono nel cono di luce dell’arresto per l’aggressione a Barbini. Eppure le modalità degli agguati a Giuliano, dal 15 novembre fino al 25, dimostrano una pervicacia degna di un’elaborata vendetta. Si, gli agguati: perché dopo che il fotografo schiva la secchiata d’acido grazie all’ombrello e finisce ko per lo spray urticante che gli spruzza addosso un uomo intervenuto a copertura della ragazza, la caccia a Giuliano non finisce. E lo raccontano con dovizia i testimoni di via Nino Bixio.  Un'auto bianca, «forse una 600» (e Martina ha una 600), ferma all’angolo tra le vie Bixio e Kramer parcheggiata per ore. Dentro, due ragazzi «con parrucche e sciarpe. Lui aveva anche i baffi finti». Gente del quartiere nota auto e occupanti alle 2 di notte, tra il sabato 22 e la domenica 23 novembre. E poi il 23 pomeriggio, per un tempo interminabile. Un vero appostamento: «dalle 16 alle 21». A Giuliano, baciato dalla fortuna, va bene due volte: e perché l’acido non lo ha bagnato, e perché dopo quell’aggressione del 15 non è più tornato a casa per settimane. Ma i vicini non hanno dubbi: «I ragazzi fermi in auto la settimana successiva erano loro, la Levato e Boettcher», i cui volti dopo il 28 dicembre diventano noti. Noti. E colpisce, nel passaggio davanti alle telecamere nel giorno della direttissima dell’8 gennaio, il fatto che Boettcher si mostri senza timori, mentre Martina nasconda completamente viso e capelli con cappuccio e sciarpa. Per vergogna, o per timore che qualche altra sua vittima inconsapevole possa riconoscerla?