Serravalle, Corte dei conti su Penati: nessun danno erariale allo Stato

Dopo dieci anni la Corte dei conti assolve l’uomo forte del Pd insieme ad altri 11 imputati, ovvero la Giunta Penati nonché l’allora segretario generale Antonino Princiotta e il direttore generale Giancarlo Saporito di Raffaella Foletti

Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano

Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano

Milano, 17 aprile 2015 - Era congruo il prezzo pagato dalla Provincia per le azioni della Serravalle. E Filippo Penati, che ne era il presidente, nel 2005 non arrecò alcun danno erariale. Non a Palazzo Isimbardi né ad Asam, la controllata della Provincia utilizzata per concludere l’acquisto. Dopo dieci anni la Corte dei conti assolve l’uomo forte del Pd insieme ad altri 11 imputati, ovvero la Giunta Penati nonché l’allora segretario generale Antonino Princiotta e il direttore generale Giancarlo Saporito. Secondo la Procura regionale della Corte dei conti l’acquisto nel luglio 2005 del 15% delle azioni della Milano Serravalle-Milano Tangenziali spa nelle mani del Gruppo Gavio da parte della Provincia a guida Penati avrebbe provocato un danno erariale di oltre 119 milioni. Danno legato «a una sopravvalutazione del prezzo unitario delle azioni ben al di sopra del reale valore di mercato». L’operazione, sempre secondo la Procura contabile, avrebbe portato anche a «un danno per il deprezzamento del controvalore del pacchetto azionario detenuto dal Comune di Milano nella stessa società».

Tesi che non hanno retto al vaglio dei giudici, che hanno rigettato infine le domande di risarcimento formulate dalla Procura e depositato una sentenza di assoluzione che evidenzia «la mancata prova di un danno imputabile soggettivamente e contabilmente alle casse della Provincia». Ora la Procura ha la facoltà di presentare appello anche se – da quanto si è saputo – una decisione sul punto verrà presa solo dopo un’attenta lettura delle motivazioni del provvedimento. Già nell’udienza del 25 febbraio infatti la Procura stessa aveva chiesto la condanna ma in subordine anche l’apertura di un’altra istruttoria dopo la prima durata un decennio.

La vicenda risale a quando Gavio tenta la scalata alla Serravalle. Penati firma con il sindaco di Milano Gabriele Albertini un patto per il governo della società: la Provincia può comprare azioni dove crede, il Comune invece il suo 18% lo può vendere solo a Penati. Il patto però va in crisi e Penati a fine luglio 2005 compra appunto da Gavio il 15% che somma al proprio 37. Ogni azione la paga 8.9 euro ed è qui, in un prezzo ritenuto troppo alto fino all’attuale assoluzione, che gli accusatori ventilano una tangente. Tangente che tuttavia non è mai arrivata in un’aula di giustizia penale e che ora anche dal punto di vista contabile viene esclusa dall’equità del prezzo pagato per le azioni. Quando scopre che la Provincia ha la maggioranza assoluta della spa e che le azioni di Milano non sono più contendibili, Albertini presenta tre esposti La Procura di Milano non dà seguito all’ipotesi di reato dell’abuso d’ufficio. Quella di Monza rinvia a giudizio il presidente per la terza corsia, ma non per l’acquisto delle azioni. Alla Corte dei conti il fascicolo rimane dormiente finché Renato Sarno dal carcere non tira in ballo D’Alema, con dichiarazioni da lui stesso poi smentite.

raffaella.foletti@ilgiorno.net

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