In ospedale pausa forzata per medici e infermieri. Nessun assunto e disservizi in vista

Turni redistribuiti fra i camici bianchi. «Quotidianità scombussolata» di MARIANNA VAZZANA

 Medici e infermieri  hanno dovuto  riorganizzare i turni

Medici e infermieri hanno dovuto riorganizzare i turni

Milano, 25 novembre 2015 - Cambiano le regole su riposo e orari di lavoro di medici e infermieri. La normativa dell’Unione europea entrata in vigore ieri (con l’attuazione della Legge 30 ottobre 2014, n. 161), impone al personale sanitario il rispetto delle 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore e di non superare le 48 ore lavorative settimanali. Pausa obbligatoria tra due turni in corsia per evitare turni massacranti e di conseguenza offrire un servizio migliore. Sulla carta, tutto bene. Ma confrontandosi con la realtà affiorano problemi: quello principale è legato ai numeri. In soldoni, per rispettare quanto fissato dalla norma, occorrerebbero molti più medici e infermieri soprattutto nei grandi ospedali che lavorano soprattutto sulle emergenze. Ma le nuove assunzioni sono lontane. E poi c’è la diatriba legata alla reperibilità (la “pronta disponibilità” di un medico, chiamato a intervenire solo in caso di necessità): interrompe o meno il riposo? Intanto si cerca di correre ai ripari con incastri da puzzle e “pezze” per tappare i buchi. Abbiamo chiesto ai grandi ospedali milanesi a che punto è l’organizzazione in questa fase di transizione, per rispettare quanto imposto dalla nuova normativa senza che i servizi ne risentano.

«È normale che questa situazione abbia scombussolato la quotidianità – spiega Basilio Tiso, direttore sanitario di presidio Policlinico-Mangiagalli –: bisogna garantire 11 ore di riposo prima del turno e altrettante dopo, e ci siamo già attivati: facciamo leva sulla riorganizzazione dei turni affinché non si abbiano ripercussioni sull’attività e si garantisca un servizio eccellente anche in caso di emergenza, che è la condizione in cui spesso ci troviamo. E il lavoro stesso del medico è peculiare: non si può piantare in asso un paziente. Il 40% degli interventi riguarda proprio l’emergenza: trapianti, parti, casi di pronto soccorso. Abbiamo fino a 350 accessi giornalieri al pronto soccorso, e 6.500 parti all’anno». Non sono previste nuove assunzioni, per ora. «Ci siamo organizzati per far fronte alla nuova normativa ridistribuendo i turni. La difficoltà sarà legata alla reperibilità, in caso di emergenza multipla. Una soluzione può essere quella della seconda reperibilità: cioè un secondo medico da contattare qualora il primo, convocato per un intervento magari notturno, debba poi riposare “quel determinato numero di ore” e sia, ad esempio, impossibilitato ad aprire un ambulatorio all’orario stabilito il mattino seguente». Adesso si parte. Ma «ogni trimestre – rassicura Tiso – verificheremo la situazione. Bisogna rispettare le norme senza penalizzare i pazienti». Da Niguarda fanno sapere che «in organico sono già stati inseriti 35 infermieri, dopo il concorso. E sono previste altre 65 assunzioni». Quanto al personale medico «si stanno facendo le valutazioni» per intervenire soprattutto nelle aree di emergenza come anaestesia, emergenza/urgenza e neonatologia. Ma è prematuro parlare di numeri. Situazione-fotocopia al San Paolo: «Si sta provvedendo ad assumere personale, in particolare nell’emergenza-urgenza».

L’Associazione medici e dirigenti (Anaao-Assomed) esprime soddisfazione: «Sia pure con molto ritardo, ci siamo inseriti in Europa. È un adeguamento normativo, tanto sofferto quanto dovuto. L’Anaao Assomed per almeno un decennio ha lavorato con tenacia e impegno quotidiano, districandosi tra leggi, decreti e iter burocratici». E pare esserci uno spiraglio: «Il vero risultato è l’aver posto il Governo in condizione di prendere in considerazione la necessità di sbloccare il turn over e procedere a nuove assunzioni». Il ministero della Funzione pubblica, di concerto con quello della Salute, si appresterebbe, nell’ambito della legge di stabilità, a presentare un emendamento che permetta l’assunzione di 4mila medici in Italia.

di MARIANNA VAZZANA

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