Milano, 3 novembre 2010 - Una dieta povera di proteine può aiutare a combattere la degenerazione muscolare causata da malattie come la distrofia. Ma più in generale, mangiare meno carne potrebbe contribuire a rallentare i processi di invecchiamento. Lo suggerisce uno studio italiano finanziato da Telethon e pubblicato su "Nature Medicine", condotto da Paolo Bonaldo, dell'università di Padova, e Marco Sandri, dell'Istituto veneto di medicina molecolare e dell'ateneo padovano. Alla ricerca hanno collaborato anche altri ricercatori Telethon, come Luciano Merlini dell'università di Ferrara, Nadir Maraldi dell'Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna e Paolo Bernardi dell'università di Padova.
 

Il team italiano ha dimostrato per la prima volta che si possono migliorare i sintomi della miopatia di Bethlem e della distrofia muscolare di Ullrich controllando la cosiddetta autofagia, il processo fisiologico che rimuove dalle cellule sostanze tossiche o porzioni cellulari danneggiate. Le due malattie genetiche rare - spiega Telethon in una nota - sono dovute a un difetto nel collagene VI, la proteina responsabile dell'ancoraggio delle fibre muscolari alla loro struttura esterna di supporto (la matrice).
 

Nel 2008 gli stessi ricercatori avevano dimostrato che il difetto genetico causa un'alterazione dei mitocondri, le centrali energetiche delle cellule: con la progressione della malattia, i mitocondri difettosi si accumulano nelle cellule muscolari e le portano alla morte. Ora gli scienziati hanno osservato che questi meccanismi sono strettamente correlati a una inefficiente autofagia sia nei topi distrofici sia nelle biopsie muscolari prelevate dai pazienti. Hanno provato inoltre che, grazie a una dieta povera di proteine o a un trattamento farmacologico ad hoc, si può promuovere la "pulizia cellulare" nei topi distrofici quanto basta per rimuovere i mitocondri difettosi e mantenere le fibre muscolari pulite dalle sostanze di scarto. In questo modo si ottiene un miglioramento significativo della salute dei muscoli, che nel modello animale si è tradotto anche in un aumento della forza muscolare.

«L'autofagia è molto importante per un riciclo "intelligente" delle sostanze che si accumulano nella cellula - spiega Bonaldo - Fornisce energia quando l'apporto metabolico è insufficiente ed evita la morte cellulare quando la cellula è affollata da materiali di scarto. Poterla controllare con la dieta o con un trattamento farmacologico mirato potrebbe rivelarsi una strategia vincente per contrastare la progressione della distrofia di Ullrich e della miopatia di Bethlem».

Più in generale, ritengono gli scienziati, «il controllo dell'autofagia potrebbe contribuire a contrastare l'invecchiamento delle cellule legato all'età: consumando una dieta povera di proteine e di aminoacidi e facendo tanto movimento, si può dare una mano ad attivare questo meccanismo e a mantenere attivo il metabolismo basale del nostro corpo», puntualizzano gli studiosi. «È importante però mantenere un giusto equilibrio», avverte Sandri. Infatti, «se l'autofagia viene attivata in modo eccessivo la cellula è portata di fatto ad autodigerirsi e quindi a morire. Occorre quindi poter controllare questa attivazione: come accade generalmente in natura, il giusto equilibrio è sempre la strategia vincente».