Ragazzo sfregiato con l'acido, aggressione crudele e premeditata: l'orrore va in aula

Lesioni gravissime. Aggravate dalla crudeltà e dalla premeditazione. Sfregiare, deturpare, cancellare i connotati come uccidere, colpire riconoscibilità, immagine esterna e interna, prospettive di vita. Futuro. Il futuro e la vita di Pietro Barbini, 23enne studente di Economia precipitato da un Master a Boston, da progetti di studio e lavoro, in un letto del Grandi Ustionati di Niguarda di Marinella Rossi

Nella foto distribuita dalla Polizia, Alexander Boettcher e Martina Levato (Ansa)

Nella foto distribuita dalla Polizia, Alexander Boettcher e Martina Levato (Ansa)

Milano, 8 gennaio 2015 - Lesioni gravissime. Aggravate dalla crudeltà e dalla premeditazione. Sfregiare, deturpare, cancellare i connotati come uccidere, colpire riconoscibilità, immagine esterna e interna, prospettive di vita. Futuro. Il futuro e la vita di Pietro Barbini, 23enne studente di Economia precipitato da un Master a Boston, da progetti di studio e lavoro, in un letto del Grandi Ustionati di Niguarda. Con un gravame di accuse pesantissime (condanna ipotetica di almeno 12 anni) a carico di Martina Levato e Alexander Boettcher, la Procura - l’aggiunto Alberto Nobili e il sostituto Marcello Musso - arriva oggi all’aula 3 e al processo per direttissima, davanti al giudice monocratico Carlo Giovanni Cotta, che, prendendo atto della riqualificazione del reato, si spoglierà immediatamente della compentenza a favore del tribunale. E, se la richiesta di speditezza della Procura fosse evasa, il dibattimento si incardinerà subito di fronte a una sezione di tribunale in cui oggi è prevista udienza. Senza perder tempo. Dando modo ai due ragazzi diabolici, Martina e Alexander, di reincontrarsi in aula. La riqualificazione del reato è dovuta ai primi ma già illuminanti responsi medici su Pietro, che il 28 dicembre è stato vittima dell’agguato con acido muriatico e martello ideato e messo in atto dalla studentessa bocconiana, Martina, e dal suo compagno Alexander, gestore del patrimonio immobiliare di famiglia.

 L’Ufficio prevenzione generale della questura, con il suo dirigente Maria Josè Falcicchia, (che ha condotto le indagini sull’assalto all’acido) nei giorni scorsi ha acquisito le cartelle mediche di Pietro e ieri le ha consegnate ai pm. La prognosi non è ancora definitiva, Pietro dovrà essere sottoposto a più interventi (dopo i primi tre) ma già emerge quanto basta per riqualificare il reato da lesioni gravi (col quale i due giovani sono stati arrestati) in gravissime: il volto del ragazzo sfregiato, lesionati l’occhio destro (con prognosi di pericolo di perdita della vista), e la narice destra (ricostruita da un intervento plastico) con possibile perdita della funzionalità olfattiva. Un quadro desolante sul quale l’avvocato Paolo Tosoni oggi presenta la costituzione di parte civile sia per il ragazzo che per i suoi genitori. A individuare poi le aggravanti di premeditazione e crudeltà sono le modalità dell’agguato ricostruite dalla polizia: le numerose telefonate per convincere, sotto mentite spoglie, Pietro a ritirare un pacco dono in via Giulio Carcano, i due amanti là entrambi presenti, mascherati, con l’acido muriatico (lei) e un martello (lui). Un’azione concordata da giorni e preordinata, che punta alla faccia di Pietro, vissuto nel “delirio di coppia Levato-Boettcher“ come terzo incomodo del triangolo. Una faccia da cancellare.

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LEI: PIETRO MI MOLESTAVA E ALEXANDER NON C'ENTRA -  Ha chiesto libri per studiare. Ha detto: «Non pensavo che l’acido potesse fare così male», sperimentando collateralmente gli effetti del muriatico buttato in faccia a Pietro anche sulle sue mani ustionate. E ha preteso di dichiarare subito, nell’udienza di convalida del suo arresto: «Ho fatto tutto io, Alexander non c’entra, passava là per caso, stava facendo jogging». E rivelare, allora, che lei e Alexander aspettano un figlio e lo vogliono tenere. Ma perché Martina Levato, 23 anni, ultimo anno di Economia in Bocconi, ora detenuta nella cella numero 7 di San Vittore, ha tirato un secchiello di acido addosso all’ex compagno di classe al Parini, ex filarino ai tempi del liceo, Pietro Barbini? La sua risposta lascia sospese troppe domande: «Mi infastidiva con avances nel web». In realtà in un “triangolo morboso“ Pietro finisce su avance di Martina, che - stando alle chat su Whatsapp - lo utilizza come contraltare ai momenti frustranti della sua relazione da soggiogata soggiogatrice con Boettcher, ha con lui contatti sessuali che poi nega, e con lui chiude dopo una furiosa lite via chat in giugno: Pietro giudica le perversioni sessuali che la ragazza condivide con Boettcher (riferitegli dallo stesso Boettcher) e allude che possano finire in pasto agli amici comuni. La comunicazione si interrompe per mesi. In Procura esiste un fascicolo, coordinato dal pm Alessia Miele, in cui Martina ha una doppia veste: presunta vittima di violenza sessuale (30 giorni di prognosi) da parte di altro studente della Bocconi, e insieme indagata per avere tentato di evirarlo. Il mistero Martina, che in estate avrebbe anche tentato il suicidio colpa la lontananza da Alexander, per i difensori Paola Bonelli e Marziano Pontin (a nome anche «dei genitori di Martina» «non rilasceremo dichiarazioni sul processo, per rispetto della persona offesa e dei suoi familiari e per la delicatezza della vicenda»), sarebbe da sciogliere con una perizia psichiatrica, a cui condizionare il giudizio abbreviato per avere un terzo (e forse più) di sconto sulla pena.

LUI: HO SOLTANTO SUBITO LA PERSONALITA' DI MARTINA«Mi avvalgo della facoltà di non rispondere». Scelta oculata, nell’immediatezza, che il legale d’ufficio Andrea Carlo Bonacina mette in bocca ad Alexander Boettcher, arrestato in flagranza quel 28 dicembre in via Giulio Carcano. Martello in mano, inseguiva Pietro Barbini appena lavato dall’acido muriatico versatogli addosso da Martina. Ma Pietro si gira, lo placca, lo intrappola con l’aiuto del padre che lo aveva accompagnato a prelevare il pacco-trappola. Certo era meglio tacere, lì alla convalida dell’arresto. Ma non è stato a lungo in silenzio, Alexander, 30 anni, madre italiana, padre tedesco (medico che da anni sta in Germania), una moglie, Gorana Bulog, ex modella croata appassionata di kayak. Lui, un patrimonio immobiliare cospicuo, sedicente broker, il profilo facebook che gronda muscoli anabolizzati, tatuaggi tipo ferite sulle spalle, un tentativo in politica con la lista “3L con Giulio Tremonti“ (dodici preferenze alle Regionali del 2013). Col nuovo avvocato, Jacopo Morandi, Alexander parla troppo da San Vittore: succube di Martina, dice, ne subisce la personalità che lo rende «ulteriormente insicuro». Ma soprattutto parla per dire che lui con l’agguato a Pietro non c’entra, che era là per caso, che vicino ha una proprietà, e quel martello gli serviva per fare lavoretti di manutenzione nell’immobile. Ma una testimone, oltre allo stesso Pietro e al padre, lo vede inseguire il ragazzo appena sfregiato. E in un suo appartamento sui Navigli, che condivide nei week end con Martina, la polizia trova cinque bottiglie di acido muriatico. La ricostruzione per ora fatta dalle indagini e dalla analisi dello scambio di messaggi e in chat lo vedrebbe più manipolatore che manipolato (sempre che ci sia una distinzione netta nel gomitolo stretto dai due amanti diabolici). E potrebbe esser invece lui l’ideatore di un agguato che lei esegue come pegno d’amore.

di Marinella Rossi marinella.rossi@ilgiorno.net