Morti due ragazzi precipitati dall'ottavo piano. "La ragazza gridava no ma lui l’ha abbracciata ed è precipitato giù con lei"

Una testimone: «Ho sentito una ragazza urlare. Chiedeva aiuto, gridava “no”. Era sul balcone di fronte al mio palazzo insieme a un altro giovane. Poi lui l’ha afferrata mentre lei si divincolava, ha scavalcato il parapetto ed è saltato nel vuoto. Il tonfo dei due corpi è stato tremendo, una bomba» di Marianna Vazzana FOTO - Il palazzo dove è avvenuta la tragedia

Il condominio di via Novaro 16, dove Pietro Di Paola e Alessandra Pelizzi hanno perso la vita

Il condominio di via Novaro 16, dove Pietro Di Paola e Alessandra Pelizzi hanno perso la vita

Milano, 17 settembre 2014 - «Ho sentito una ragazza urlare. Chiedeva aiuto, gridava “no”. Era sul balcone di fronte al mio palazzo insieme a un altro giovane. Poi lui l’ha afferrata mentre lei si divincolava, ha scavalcato il parapetto ed è saltato nel vuoto. Il tonfo dei due corpi è stato tremendo, una bomba». Parla Samantha Di Lecce, 26 anni, ancora sconvolta per la scena a cui ha assistito nel cuore della notte. Martedì, intorno a mezzanotte e mezza, Pietro Maxymilian Di Paola, ventenne di origine brasiliana, si è gettato dal balcone del suo appartamento al settimo piano di un condominio signorile di via Novaro 16, quartiere Affori, trascinando con sé la fidanzata Alessandra Pelizzi, di un anno più piccola. La ragazza è morta sul colpo. Lui, invece, ha lottato tra la vita e la morte per qualche ora, ricoverato al San Gerardo di Monza. Poi si è spento. Il ragazzo era stato adottato molti anni fa insieme alla sorella da una famiglia italiana e già l’anno scorso, hanno fatto sapere i vicini, aveva tentato di gettarsi da un cornicione. Forse non riusciva a digerire che i genitori adottivi si fossero separati. Forse Alessandra, con cui aveva avuto una storia d’amore ai tempi delle scuole superiori (per un periodo avevano frequentato entrambi lo stesso istituto) e alla quale si era riallacciato sentimentalmente, voleva lasciarlo del tutto. Forse un litigio al momento sbagliato. Chissà. Dopo una serata trascorsa in allegria con alcuni amici per festeggiare un compleanno, il giovane avrebbe chiesto agli altri di lasciarli soli. «Assistere alla scena mi ha sconvolta. Le urla della ragazza erano strazianti. Non ho dormito, è stata davvero dura», continua Di Lecce.

Di una cosa è sicura: «La ragazza si dimenava, non voleva buttarsi. Io ho chiamato subito i soccorsi e in pochi minuti sono arrivati ambulanza e polizia». Alcuni hanno riferito che Pietro vivesse solo, mentre la mamma e la sorella abiterebbero in un altro piano dello stesso palazzo. Secondo un’altra testimone oculare che vive in via Taccioli, la morte della ragazza sarebbe dovuta invece a un tentativo di evitare il suicidio di Pietro che, gettandosi dal balcone, l’avrebbe trascinata con sé. Ora, tra le ipotesi, la più accreditata è quella dell’omicidio-suicidio. «Lei lo aveva lasciato al ritorno dalle vacanze – racconta un’amica di Alessandra Pelizzi –. Forse lui ha tentato di convincerla a tornare assieme. L’unica cosa certa è che Alessandra era piena di vita, non si sarebbe mai lanciata di sua spontanea volontà». I residenti del quartiere descrivono il giovane come «una persona apparentemente normale. A parte il tentato suicidio dello scorso anno non dava segni si squilibrio. L’ho visto passare due giorni fa sul marciapiede davanti al bar, coi suoi cani husky. Li portava spesso nel parco di Villa Litta insieme alla sorella, più piccola di qualche anno», afferma Gino Dragonetti. «L’ho visto qui davanti con un amico non più di due giorni fa, chiacchieravano normalmente», continua Maurizio Raia, del «My bar» all’angolo con via Taccioli. Pietro Di Paola era un appassionato di moto. «Ma che avevi in testa? Ormai non importa. Se ne va un altro amico, un altro biker, un altro fratello», scrive un ragazzo, Ivan, sul profilo Facebook di Pietro. Alessandra Pelizzi, neo diplomata del liceo Classico, stava per iscriversi all’università. Su Facebook, le sue foto mostrano una giovane donna sempre sorridente. Un professore ricorda i due, sempre sul social network: «Le parole, di qualsiasi tipo siano, e i giudizi, di qualsiasi tipo siano, sono inutili. Ora contano solo il silenzio, la preghiera (per chi crede) e l’esserci per chi ha bisogno di continuare a vivere, per ogni volta che ce lo chiederanno e soprattutto quando non ce lo chiederanno».

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