Emergenza profughi, oltre la soglia dei 3.700. L'sos di don Colmegna: stavolta siamo al collasso

"Esauriti tutti i posti, ma gli arrivi continuano". Quando parla di profughi, don Virginio Colmegna, presidente della fondazione Casa della carità che a Milano dà accoglienza a oltre 300 persone, parla di qualcosa che conosce da vicino. Non enfatizza la questione, non cerca la frase a effetto e dribbla le polemiche; forse proprio per questi motivi il suo allarme, l’allarme di un uomo in prima linea sul fronte dell’accoglienza ai rifugiati, non si può ignorare di Michele Mezzanzanica

Profughi (Cusa)

Profughi (Cusa)

Milano, 23 agosto 2014 - «La situazione è sempre più drammatica e ormai va affrontata come una questione strutturale, non di emergenza». Quando parla di profughi, don Virginio Colmegna, presidente della fondazione Casa della carità che a Milano dà accoglienza a oltre 300 persone, parla di qualcosa che conosce da vicino. Non enfatizza la questione, non cerca la frase a effetto e dribbla le polemiche; forse proprio per questi motivi il suo allarme, l’allarme di un uomo in prima linea sul fronte dell’accoglienza ai rifugiati, non si può ignorare. «La questione va affrontata a tutti i livelli - sostiene il parroco - serve una responsabilità politica complessiva. Queste continue ondate di arrivi rendono la situazione sempre più drammatica e, come diciamo ormai da qualche tempo, non si tratta più di un’emergenza ma di un fatto strutturale, visto anche quel che sta succedendo in Africa e in Medio Oriente». 

Dalla fine di luglio la parrocchia dell’Annunciazione ad Affori, quartiere a nord di Milano, ha messo a disposizione un centinaio di posti per la prima accoglienza: oggi sono tutti esauriti. «E tra poco dovranno essere ridotti per la ripresa dell’attività scolastica e oratoriana, non possiamo ospitare queste persone senza porci il problema del loro futuro», insiste don Colmegna. Una situazione diffusa in tutta la Lombardia dove, secondo i dati forniti dal dipartimento della Pubblica Sicurezza del ministero dell’Interno, al 31 luglio erano presenti 3.730 profughi, pari al 7 per cento dei 53.243 censiti a livello nazionale. Un numero che tuttavia andrebbe aggiornato a rialzo alla luce dell’ultima grande ondata, giunta proprio a cavallo tra luglio e agosto, in conseguenza della quale alla Lombardia sono stati assegnati altri 1.517 rifugiati oltre a quelli già presenti. Queste persone sono state smistate a Milano ma anche a Busto Arsizio e Brescia, Lodi e Cremona, solo per citare i casi più numerosi. D’altronde, solo nell’ultimo anno - dal primo agosto 2013 al 31 luglio scorso - sono sbarcati sulle coste italiane oltre 116mila profughi, sempre stando ai dati ufficiali del Viminale. 

Oltre la metà se ne sono poi andati, qualcuno praticamente subito come nel caso di Cremona dove dei 185 nuovi arrivati tra luglio e agosto, 58 sono già irreperibili. Probabilmente sono andati a cercar fortuna in qualche altro Paese europeo. Ed è proprio all’Europa che don Colmegna si rivolge: «Serve una scelta coraggiosa a livello continentale come il permesso umanitario europeo, ma appena se ne accenna scattano le polemiche. Eppure non vedo altra soluzione, perché limitarsi ad affrontare l’emergenza non significa dare delle risposte. L’accoglienza implica sempre anche il porsi il problema del futuro di queste persone, aspetto che può essere affrontato solo a livello politico. La situazione è drammatica e, stando alle ultime notizie che arrivano da quelle zone del mondo, non potrà che diventarlo ancora di più». 

michele.mezzanzanica@ilgiorno.net

 

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