La nuova sfida di Pisapia: "Voglio unire il centrosinistra"

L'ex sindaco di Milano chiude sull'ipotesi di un governo Renzusconi: "Mai"

Giuliano Pisapia

Giuliano Pisapia

Milano, 31 marzo 2017 - Fra una ventina di giorni Giuliano Pisapia compirà 68 anni, ma ha l’entusiasmo di un ragazzino quando parla della sua ultima avventura, quel «Campo Progressista» che nasce per unire una sinistra mai tanto divisa come oggi, per scongiurare inciuci e larghe intese, per fare su scala nazionale quello che riuscì così bene a Milano nel 2011.

Scusi avvocato, ma dopo la felice esperienza da sindaco non aveva detto che sarebbe tornato alla sua professione? Cosa l’ha spinta a tornare in campo?

L’estate scorsa ho girato l’Italia per tre mesi incontrando tante persone e associazioni che mi avevano cercato in questi anni dopo aver visto con favore quello che facevamo a Milano su temi importanti. Ho conosciuto bellissime realtà, ho incontrato gente animata da una grande passione politica, movimenti civici, quella che io ho sempre chiamato cittadinanza attiva. Persone di provenienze diverse con tante idee e voglia di fare ma che non si riconoscevano più in nessun partito. Sentivano il bisogno di avere una casa comune e mostravano grande simpatia e attenzione per l’esperienza che avevo fatto io a Milano».

Insomma, l’avrebbero spinta loro a farsi avanti. C’è però chi dice che lei sia mosso dall’ambizione, che punti a un ruolo nazionale. O, come ipotizzano altri, che l’abbia cercata Renzi che ha bisogno di una stampella…

«Ambizione? Se fossi mosso dall’ambizione avrei accettato di fare il ministro quando me l’hanno chiesto per due volte, o mi sarei ricandidato in Parlamento o avrei detto sì a incarichi di prestigio che mi hanno proposto anche di recente. Quella della stampella al Pd è una stupidaggine. Lo può dire solo strumentalmente chi teme che io possa portargli via consensi. Non sono mai stato la stampella di nessuno, lo dimostrano le primarie che ho vinto contro il Partito democratico. E oltretutto il nostro progetto, di un centrosinistra unito e più ampio, contrasta con chi ritiene che il Pd sia autosufficiente e con quella norma dello statuto, secondo me sbagliata, che prevede che il segretario del partito sia candidato presidente del Consiglio». Cosa pensa della scissione del Pd? «Ritengo che sia stato commesso quantomeno un errore sui tempi. Se oggi fossero dentro, le primarie per la segreteria sarebbero più contendibili».

Il centrosinistra ha perso oltre 4 milioni di voti. Dove sono finiti? Torneranno?

«Molti di questi, delusi, non sono nemmeno più andati a votare, altri hanno votato Cinquestelle. Uno degli obiettivi che ha «Campo Progressista» è anche quello di recuperare queste persone che non tornerebbero a votare per il Pd ma che, secondo me, potrebbero essere attirate da qualcosa di nuovo che si propone di unire, non di dividere. E che sappia ascoltare le istanze della base».

Lei attualmente che rapporti ha con gli scissionisti, con Sinistra Italiana, con Civati, insomma con le altre realtà della sinistra?

«Ho buoni rapporti con tutti. Dico le cose che penso e questo a volte non piace».

Potrebbe esserci un dialogo anche con il sindaco di Parma Pizzarotti e gli altri epurati da Grillo?

«Certo, ho conosciuto Pizzarotti, è una persona che stimo. Vedremo dopo le elezioni. Ma quello che posso dirle ora è che ci siamo già confrontati con molte persone uscite dal movimento Cinquestelle, e che stiamo lavorando per iniziative comuni».

E con quelli che nei Cinquestelle sono rimasti? Fra voi e Grillo può nascere qualcosa?

«Non certo un’alleanza per governare il Paese. Ma su temi specifici, penso ad esempio ai diritti civili o al reddito di cittadinanza, non escludo una convergenza di vedute. Però dobbiamo proporre cose effettivamente realizzabili, proposte serie che abbiano una copertura economica e una compatibilità ambientale, non un libro dei sogni. Sparare grandi progetti e poi non farli allontana la gente dalla politica».

È quello che ha fatto Renzi?

«È un discorso generale che riguarda tutti. Fa perdere credibilità scoprire dopo che non ci sono i fondi per realizzare quello che avevi annunciato in pompa magna».

Andremo a votare nella primavera del prossimo anno con un sistema proporzionale che non garantisce la governabilità…

«Io spero ancora che ci possa essere una riflessione sul Mattarellum».

E se questo non avviene?

«Sarebbe un disastro se non ci fosse una maggioranza. Vorrebbe dire tornare alle urne nel giro di sei mesi».

Campo Progressista deve augurarsi una legge che dia il premio di maggioranza non alla lista ma alla coalizione…

«Certo. È uno dei presupposti per poter coniugare rappresentanza e governabilità».

Pare più difficile rimettere insieme quelli che si sono appena divisi. O far andar d’accordo Renzi con quelli che lo vedono, come Fratoianni di Sinistra Italiana, come un avversario e che dicono che non si può ricostruire il centrosinistra con il suo killer…

«Ne sono consapevole, ma mai dire mai». Lei insomma si candida ad essere il federatore del centrosinistra? «Sì, ma preferisco dire il facilitatore».

Altrimenti, se lei fallisce si potrebbe andare verso un’alleanza fra il Pd di Renzi e Forza Italia, verso il governo Renzusconi…

«È un’ipotesi, non lo nego, ma spero che non si realizzi mai. Per quanto mi riguarda è certo che non farei mai parte di una simile alleanza».

Quale sarà il primo test per «Campo Progressista»?

«Siamo già al lavoro per costruire la più ampia coalizione possibile di centrosinistra alle prossime Regionali». Che con ogni probabilità coincideranno con le elezioni politiche. «Già. E anche per questo sarebbe assurdo non presentarsi ai due appuntamenti con la stessa maggioranza»

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