Milano, 11 gennaio 2017 - Gianfranco Miglio è nel Pantheon leghista, nonostante la rottura con Umberto Bossi nel 1994 lo avesse portato fuori dalla linea del Carroccio. A tracciare il quadro è stato l’ex segretario della Lega Nord e attuale presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, in occasione dell’incontro ‘Gianfranco Miglio, verso il centinario’.Nato nel 1918 e scomparso nel 2001, Miglio è stato preside della Facoltà di Scienze politiche della Cattolica e senatore. Strenuo difensore della trasformazione dello Stato italiano in senso federalista, ruppe con Bossi perché critico dell’alleanza con Berlusconi e Fini.
Durante il suo intervento, Maroni ha detto che “l’insegnamento di Miglio resta di straordinaria attualità, e questa è una cosa che appartiene solo al mondo dei grandi, solo i grandi hanno infatti una visione così avanzata da ipotizzare cose che si realizzano poi tempo dopo".
Al suo insegnamento “rimanda il tema delle Macroregioni, di strettissima attualità che oggi è addirittura strumento di organizzazione delle politiche europee: ne è un esempio la Macroregione delle Alpi". Il governatore ha poi ricordato: “Miglio per noi era un mito, venne eletto nelle file della Lega come indipendente e già questo era un’eccezione, perché da noi per essere candidato dovevi aver fatto anni di militanza”. Anche dopo la rottura, poi, “è rimasto nel cuore dei leghisti e uno dei punti di riferimento”. Leo Miglio, figlio del professore, ha sottolineato che “apparentemente poteva sembrare una persona rigida e fredda, ma era affabile, affettuoso e cordiale”. Il giorno del suo compleanno, l’11 gennaio, “invitava a casa alcuni familiari, amici e allievi e iniziava a cucinare due giorni prima. Il menù era sempre lo stesso, legato a ricette storiche della nostra famiglia”. Per il capogruppo della Lista Maroni, Stefano Bruno Galli, Miglio “era un professore molto eclettico con tante passioni”.
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