Lupi, la rivincita di chi non urla. "Insieme al centro. E saremo grandi"

Il capogruppo di Ap: "La legge elettorale deve essere migliorata"

Maurizio Lupi è deputato milanese

Maurizio Lupi è deputato milanese

Milano, 9 giugno 2017 - Salta, in modo rocambolesco, il patto dei quattro, l’intesa sul «tedeschellum», la nuova legge elettorale. Una legge che ai piccoli partiti di centro non era mai piaciuta, e non solo per quello sbarramento al 5 per cento. Il capogruppo alla Camera di Alternativa Popolare, Maurizio Lupi, un po’ se l’aspettava che finisse così ma forse nemmeno lui si immaginava che il castello di carte crollasse così presto, su uno dei primi emendamenti votati. 

Soddisfatto onorevole?

«Ho la magra soddisfazione di chi aveva detto che stavano prendendo la strada sbagliata. Quando tu sulla legge elettorale decidi di fare un accordo basato sui numeri e non sulla politica, quando fai l’errore di associare il voto sulla legge elettorale allo scioglimento delle Camere, quando preferisci fare un accordo con l’opposizione che con i tuoi alleati, devi aspettarti come minimo delle fibrillazioni in Parlamento».

Pd e Cinquestelle si accusano a vicenda…

«È uno spettacolo un po’ triste, è evidente che ci siano stati franchi tiratori sia fra gli uni che fra gli altri».

Il Pd si è fidato di Grillo…

«Evidentemente il passato non gli ha insegnato niente. Vogliamo ricordare la figura che aveva fatto Bersani? Hanno paralizzato il Paese per cinque mesi».

Cosa succederà ora?

«Noi riteniamo che il governo debba andare avanti a fare il suo lavoro, lo stesso Pd ha detto che c’è bisogno di fare la legge di stabilità per abbassare le tasse a famiglie e imprese. Prima di andare a votare vanno fatte le riforme. La legge elettorale torna in commissione. Correggendo gli errori, cercando di non fare forzature inutili, aprendosi a tutti. Noi diciamo che una legge elettorale, qualunque essa sia, deve dare un minimo di governabilità e deve garantire che il cittadino possa scegliere il proprio parlamentare. Da queste due cose non si può prescindere. Invece ci volevano imporre una legge che garantiva l’ ingovernabilità e un Parlamento di gente nominata dalle segreterie dei partiti e non scelta dai cittadini».

Renzi minaccia di andar avanti per decreto…

«Non credo che alle parole seguiranno i fatti. Il decreto deve essere approvato dalla maggioranza. Qui c’è un governo che non è un monocolore Pd, ci siamo anche noi e senza di noi parecchie cose non si sarebbero potute fare. Non ci sarebbe stata l’abolizione dell’Imu, non ci sarebbe stato il Jobs Act, le cose più liberali sono state fatte da questo governo grazie a noi».

In commissione si ripartià da zero, o quasi. Si tornerà dunque a parlare di soglia di sbarramento. Sul 5 per cento voi di Alternativa Popolare prima dicevate che era inammissibile, che impediva la rappresentanza in Parlamento, poi avete rettificato il tiro dicendo che anzi accelerava il processo di aggregazione al centro.

«La nostra proposta di legge prevedeva un premio di governabilità e uno sbarramento al 3 per cento, che è una cosa che ha una sua logica. Ma se si vuol fare una legge proporzionale pura abbiamo detto che accettiamo anche uno sbarramento al 5. In questo caso i centristi, i moderati, i liberali, le persone perbene, quelle che non urlano slogan ma ragionano con la propria testa, avranno l’obbligo di mettersi insieme».

E chi sarà il leader? Parisi?

«Prima viene il programma. Il leader lo farà chi meglio di altri saprà unire. E non basterà un’unione dei partiti attuali, dovremo aprirci alla società civile. Noi che al centro siamo i più numerosi siamo disposti anche a rinunciare a rivendicare la leadership se si trova qualcuno più bravo di noi a fare una sintesi, a tener insieme le varie realtà che hanno avuto percorsi diversi ma che hanno un medesimo sentire e che vogliono essere alternative al partito democratico ma anche a una destra in cui non ci si riconosce più. Questo è il percorso urgente che si deve fare».

Non crede che una forza di centro potrebbe essere determinante in un governo di larghe intese? Stando ai sondaggi Renzi e Berlusconi, anche mettendosi insieme, non avrebbero i numeri per governare.

«Guardi, in questa fase, indipendentemente dagli sbarramenti, si sente la necessità di una aggregazione fra le forze liberali e popolari, oggi disperse in tanti rivoli, ma che sono accomunate da un’idea della politica che non è fatta di urla e di strepiti ma di responsabilità e condivisione di valori. Questa è la prima sfida. Questo centro, unito, non vale meno del 6-7 per cento».

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