Liliana Segre senatrice a vita: "Onorata di questa nomina ma non dimenticherò i giovani"

Senatrice a vita scelta dal presidente della Repubblica

Liliana Segre (Newpress)

Liliana Segre (Newpress)

Milano, 20 gennaio 2018 - «Sono onorata, mi ha chiamato il presidente della Repubblica, mi ha parlato con garbo, è una persona molto carina, gli sono molto grata». Liliana Segre è stata nominata da poche ore senatrice a vita, «per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale».

L’emozione è forte, «non se l’aspettava», racconta il figlio Luciano Belli Paci, orgoglioso pure lui di questo riconoscimento per sua madre: «è un bellissimo segnale». Il telefono di casa Segre ha cominciato a squillare, incessantemente, dalla prime ore del mattino ed è stato così per tutta la giornata. «Farò del mio meglio da cittadina che sa cos’è il suo dovere». E lei ha fatto tantissimo. Sopravvissuta ad Auschwitz dove perse l’amatissimo padre Alberto e i nonni, per anni dopo il silenzio che ha accomunato tanti reduci dell’Olocausto ha abbracciato, sino in fondo, la missione di «testimone pubblico» per trasmettere la memoria ai giovani «senza trasmettere odio e vendetta», come le ha detto, durante la telefonata, lo stesso presidente Mattarella per annunciarle «meritatamente» la nomina a senatrice a vita. Negli ultimi 20 anni ha incontrato migliaia di giovani, girando la penisola in lungo e largo, giovani che adora, considerandoli tutti «suoi nipoti», per metterli in guardia dai rischi dell’«oblio della memoria», dall’indifferenza, quella stessa che mostrarono i milanesi facendo finta di non sapere che sotto il ventre della Stazione centrale, Binario 21, oggi Memoriale della Shoah, partivano i convogli per i campi di concentramento. Pure lei partì dal lì quel 30 gennaio del 1944 e fu una delle poche a tornare. Alla selezione le venne imposto e tatuato sull’avambraccio il numero di matricola 75190, quel numero che non ha mai voluto concellare. Durante la la sua permanenza nel campo di concentramento fu impiegata nei lavori forzati nella fabbrica di munizioni “Union“ di proprietà della Siemens, lavoro che svolse per un anno. Ai cronisti che le hanno chiesto se si immaginava di ricevere un riconoscimento simile ha risposto che no ma «forse l’ho avuto perchè sono un simbolo di un mondo perduto dal quale, per caso, mi sono salvata, trasformando questo fatto di essere una salvata in una testimone di memoria per quanti non hanno potuto raccontare, per quanti non sono tornati». Certo, ammette Liliana Segre che è anche presidente del Comitato milanese Pietre d’inciampo «a 87 anni avere questo riconoscimento è anche faticoso, io non mi sono mai occupata di politica, sono una persona comune, essenzialmente una nonna».

Quest’anno decorrono gli ottant’anni delle leggi razziali e questo, ne è convinta Liliana Segre, ha avuto il suo peso in questa decisione. «Sento dunque su di me l’enorme compito, la grave responsabilità di tentare almeno, pur con tutti i miei limiti, di portare nel Senato della Repubblica delle voci ormai lontane che rischiano di perdersi nell’oblio. Le voci di quelle migliaia di italiani, appartenenti alla piccola minoranza ebraica, che nel 1938 subirono l’umiliazione di essere degradati dalla Patria che amavano e che furono espulsi dalle scuole, dalle professioni, dalla società dei cittadini di serie A». E Goti Bauer, sopravvissuta all’Olocausto, pure lei «testimone pubblica» e amica carissima e dolcissima di Liliana è felice per lei: «Veramente una bella notizia per noi tutti».

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