Sala scarica Renzi: al voto nel 2018. Il Pd si divide, la Lega va all’attacco

Bussolati: le urne penalizzano Milano? Serve un Governo forte

ALTRI TEMPI Il sindaco Giuseppe Sala e l’allora premier Matteo Renzi a Milano

ALTRI TEMPI Il sindaco Giuseppe Sala e l’allora premier Matteo Renzi a Milano

Milano, 16 gennaio 2017 - Elezioni subito? No, grazie. Il sindaco Giuseppe Sala si smarca con un dribbling secco dalla linea «sì al voto entro giugno» del leader Pd Matteo Renzi. «Forte è la spinta affinché tutto precipiti al più presto verso una nuova competizione elettorale – scrive il primo cittadino in una lettera indirizzata al Corsera –. Ebbene, io non credo che questa sia una scelta né scontata né opportuna». Sala, da molti considerato renziano, scarica il suo principale sostenitore politico alle elezioni comunali del giugno scorso. Che è successo? Gli effetti della netta sconfitta dell’ormai ex premier nel referendum costituzionale del 4 dicembre si fanno sentire. Il sindaco sottolinea che con la vittoria del «no» «qualcosa si è rotto» e aggiunge: «Il centrosinistra ha bisogno di un robusto momento di riflessione, anche per ritrovare il senso di una proposta di “cambiamento’’ che Renzi ha interpretato con coraggio».

Sala parla al passato della proposta del leader Pd. Non a caso, prima di Capodanno, aveva invitato l’ex premier a «stare fermo un turno». Altro che elezioni entro giugno con Renzi candidato premier del centrosinistra. Sala accusa Renzi di non avere saputo «separare il destino del suo governo dall’esito referendario» e invita il centrosinistra a «portare a compimento la legislatura e preparare la campagna elettorale del 2018». Il primo cittadino, oltre al momento di riflessione utile al centrosinistra dopo la sconfitta, indica altri due elementi per prolungare la legislatura fino alla sua scadenza naturale. Il primo riguarda l’urgenza di approvare una legge che chiarisca poteri e risorse della Città metropolitana («non farlo è un atto di grande stupidità politica»). Sullo sfondo c’è l’obiettivo di conquistare la sede dell’Agenzia europea del farmaco, un obiettivo sul quale il sindaco fa capire che né il Governo Renzi né quello Gentiloni si sono impegnati a sufficienza. Il secondo elemento riguarda la necessità di individuare una legge elettorale «capace di aggregare, non di dividere». Due le impostazioni alternative proposte da Sala: «La prima è di natura proporzionale con soglia di sbarramento. La seconda è con uno schema di ballottaggio».

La conclusione di Sala? Meglio votare nel 2018 e far lavorare il Governo Gentiloni. Le reazioni alla lettera del sindaco non si fanno attendere. Il segretario milanese del Pd Pietro Bussolati, renziano, commenta così le osservazioni di Sala: «Meglio votare nel 2018 per non penalizzare Milano? È finito un percorso riformista con la bocciatura del referendum. Ma l’Italia può avere maggior forza a livello europeo nel momento in cui sarà chiaro il percorso e la leadership politica che dovrà guidarlo. Non è detto che questo obiettivo si realizzi attendendo che la legislatura arrivi al 2018». Bussolati, subito dopo, invita Sala «a fornire un contributo alla riflessione politica nel centrosinistra. Da Milano potrebbero partire spunti e temi molto utili anche a livello nazionale». Sui tempi del voto, intanto, Matteo Mangili (Sinistra Dem nel Pd) dà ragione a Sala: «Milano ha bisogno di correre, ma non verso le urne. Il centrosinistra deve riorganizzarsi dopo la lezione del 4 dicembre». La capogruppo di Sinistra per Milano Anita Pirovano, invece, osserva: «Il tema non è tenere in vita il Governo, ma far sì che il Parlamento metta mano a questioni fondamentali per il Paese, dai voucher alle disuguaglianze sociali».

Nel centrodestra il partito più duro contro Sala è la Lega, che vorrebbe andare a votare prima possibile. Il leader lumbard Matteo Salvini si rammarica che «Sala perda tempo a scrivere una lettera in cui parla di legge elettorale e dei problemi interni al centrosinistra invece di occuparsi dei problemi di Milano». Il capogruppo del Carroccio a Palazzo Marino Alessandro Morelli rincara la dose: «Sala ha realizzato un parricidio, come Bruto con Giulio Cesare: non sarebbe mai diventato sindaco senza Renzi. Il sindaco ha tradito il leader del Pd». Anche il consigliere forzista Pietro Tatarella è convinto che Sala abbia «scaricato» Renzi. Più soft la linea della coordinatrice regionale degli azzurri Mariastella Gelmini: «Quella di Sala è una lettera piena di spunti di buon senso, che vanno anche nella direzione di quanto detto dal presidente Berlusconi: andare al voto solo dopo avere trovato un sistema elettorale omogeneo».

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