di Gabriele Moroni

Milano, 15 luglio 2012 - Si può rimuovere dalla chiesa la statua del santo patrono? Roberto Maroni ci prova. Il nome di Umberto Bossi esce ufficialmente dal simbolo della Lega Nord, sostituito dalla parola Padania. Stupore amaro di vecchi militanti. Realismo delle nuove generazioni di politici e amministratori, che per voltare pagina e dirigere la prora in avanti non hanno atteso che all’uscita di scena reale del padre fondatore facesse seguito quella simbolica.

Grondano amarezza le parole di Salvatore Palazzo, origini frusinate, a Gemonio da 44 anni, da 22 nella Lega, capogruppo in consiglio comunale nella piccola patria del senatur. «Il mio umore personale si riassume in due parole: mi spiace. Bossi è un simbolo, un idolo che non può scomparire dall’oggi al domani. È stato l’ideatore, il fondatore di tutto questo. E’ un colpo al cuore anche per lui, è come metterlo da parte e dirgli che non conta più niente. Non è giusto. Non lo condivido. La sua epoca era finita, ma accantonarlo non mi pare giusto. Bossi ha rischiato la vita per portare la Lega dove è arrivata. Di quello che è accaduto dopo non ha colpe. Si è fidato dei fedelissimi, di quelli che aveva vicino e non gli raccontavano la verità».

Crepuscolo di un’epoca. Anche la fedeltà più tetragona si arrende davanti all’evidenza del finale di partita in corso. Nella «culla» varesina la nouvelle vague leghista plaude alla cesoia del segretario federale. Marco Pinti, 26 anni, studente di legge alla Statale, da settembre è il segretario cittadino. «Sono d’accordo. I simboli sono come le bandiere, devono fare riferimento agli ideali di un popolo, non alle persone. Mi pare una cosa normalissima».

Aria di trapasso epocale. Anche a Cene, terra bergamasca, il primo comune conquistato nel segno dell’Umberto. Era il 1990 e il nuovo avanzava nei silenzi della Val Seriana. Al bar Co-Ba Renato Bazzana tentava di convincere i dubbiosi Bossi e Calderoli a lanciare il guanto di sfida alla Balena Bianca. Aveva ragione. Si votò. Franco Bortolotti fu sindaco. Cene è rimasta fortilizio leghista. Cesare Maffeis è l’ultimo successore del protosindaco. Medico geriatra, molte letture, una passione per il basket americano, lontanissimo dallo stereotipo celodurista. «Non ho opinioni in merito. Non la giudico una cosa importante. Non mi cambia la vita. E’ giusto voltare pagina, ma la gente del movimento si attende ben altre cose. È legittimo che il nuovo vertice politico dia una scelta d’indirizzo. Il vecchio corso è terminato. E’ finito il tempo degli slogan e delle grida. Il nuovo vertice ha fatto una scelta drastica, ne aveva il diritto. La Padania è indicata come il fulcro della proposta politica. In coerenza con questo si dà un segnale».

Il pratone di Pontida quest’anno rimarrà deserto. Per rivedere il raduno festoso della gens leghista dovrà attendere il 7 aprile del 2013, lo stesso giorno del giuramento anti-Barbarossa. «È giusto - sintetizza Giovanni Frigerio, segretario della sezione, da 23 anni nel Carroccio - che il nome di Bossi venga tolto. C’è un rinnovamento. Quello che è stato fatto finora è merito di Bossi, ma che venga levato il suo nome dal simbolo non mi pare uno stravolgimento. Capisco che lui possa provare un risentimento, un dispiacere, anche se non lo dirà. Il movimento deve andare avanti».

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