Milano, 22 settembre 2011 - La fuoriuscita di Filippo Penati dal Pd, per effetto dell’autosospensione dell’ex braccio destro di Pierluigi Bersani poi avallata pure dai garanti romani del partito, costerà alle casse della Regione - soldi pubblici - 215 mila euro. Nonostante il commiato provvisorio dai democratici, un posto a Penati in Consiglio regionale va riconosciuto.

 

Lasciata la carica di vicepresidente dell’aula, l’indagato eccellente dell’inchiesta monzese sulle presunte tangenti ex Falck, resta infatti consigliere regionale. Allontanatosi e allontanato dal Pd, Penati ha dovuto riparare nel Gruppo Misto. Un gruppo che fino a ieri non esisteva in Consiglio regionale. Un gruppo di cui Penati è al tempo stesso il capo e l’unico componente. Un gruppo che - ecco il punto - come tutti gli altri gruppi consiliari ha diritto per legge a vedersi riconosciuto un proprio budget per le spese di funzionamento, rappresentanza e pubbliche relazioni.

 

A sollevare il caso è stata l’Italia dei Valori, che ora rilancia sull’entità di tale budget: non 189 mila euro, come indicato dagli uffici della Regione, ma piuttosto 215 mila euro. «Gli uffici — sottolineano i dipietristi — si sono dimenticati dei 26 mila euro che il Gruppo Misto ha a disposizione per le spese di comunicazione». Subito dopo ecco fornite le voci che compongono il tesoretto del nuovo gruppo: 143 mila euro per i dirigenti, 46 mila euro per il personale e, appunto, 26 mila euro per le spese di comunicazione e rappresentanza. In tutto fanno 215 mila euro. Denaro che dovrà gestire da solo l’unico componente del Gruppo Misto: Filippo Penati.

 

La scelta di lasciare la vicepresidenza del Consiglio regionale e il Partito democratico - atti dal valore «politico», apprezzati da più parti, visto che l’inchiesta che lo vede tra gli indagati è tutt’altro che conclusa - non si traduce in risparmi per le casse pubbliche. Se da vicepresidente del Consiglio, Penati poteva contare su una retribuzione di circa 12 mila euro al mese, da consigliere semplice e capogruppo guadagnerà, ogni mese, 10 mila euro. È la legge a fissare i compensi. L’indennità di funzione dei consiglieri regionali ammonta a 3.466,38 euro al mese, al netto delle ritenute fiscali (3.643 euro) e pensionistiche (2.369 euro). All’indennità si aggiunge la diaria: altri 2.602,08 euro mensili a titolo di rimborso spese per la presenza in Consiglio o nelle commissioni. Diciotto le sedute conteggiate nella diaria, in caso di assenza al consigliere vengono trattenuti 144,56 euro a seduta.

 

La legge regionale del luglio ’96 prevede poi «rimborsi per le missioni nel territorio regionale. Anche questo rimborso è mensile e ammonta a 3.525,12 euro, soldi che vengono liquidati anche se i consiglieri se ne stanno a casa. Non bastasse, il rimborso spese per «le missioni in Italia o presso l’Unione Europea»: in questo caso il risarcimento scatta dietro presentazione di documenti di viaggio e non può superare, per ogni anno, l’equivalente di 11 viaggi aerei andata e ritorno sulla tratta Milano-Roma alle tariffe della compagnia di bandiera. Circa 2.332 euro. Infine, il rimborso forfettario per raggiungere l’aula del Consiglio, calcolato su base chilometrica.

 

Penati, come tutti gli altri consiglieri regionali, potrà continuare a contare su benefit quali l’abbonamento gratuito ai treni LeNord. Ha perso però il bonus di 30 mila euro annui riconosciuto dalla Regione ai componenti l’ufficio di presidenza del Consiglio che rinuncino all’auto blu. E Penati, prima che lo travolgesse l’inchiesta giudiziaria con epicentro a Sesto San Giovanni, vi aveva rinunciato.