Milano, 24 luglio 2011 - Tangentopoli, 2011. Mani pulite non è mai finita. Ogni volta che un’inchiesta sulla corruzione conquista titoli a caratteri scatola, ogni volta che dalla pancia del Paese si solleva il mugugno contro i costi della politica, la mente, come per un vecchio riflesso, corre alla Milano delle manette e della corruzione. Il trauma del 1992, mai superato, iniziò con uno scricchiolio, perso nel rumore di fondo.

L’arresto di Mario Chiesa, il 17 febbraio del ’92, passa quasi inosservato. Nessuno pensa che la fortezza dei partiti di governo che domina la repubblica dal 1945 può crollare di schianto. «Gli dica che l’acqua minerale è finita», annunciò il pm Antonio Di Pietro all’avvocato di Chiesa, dopo aver scoperto i due conti svizzeri curiosamente chiamati «Levissima» e «Fiuggi».

L’indagato parla, fa nomi e cognomi. E la fortezza cede di schianto. Milano, la città edonista degli anni ’80, si scopre austera, giacobina. Un albero della libertà spunta virtualmente ai piedi del Duomo, il disgusto per la politica sfocia in odio. Si balla ai piedi della ghigliottina, sperando nella rivoluzione, nella rinascita. Oggi, 19 anni dopo, la politica torna a negare i propri privilegi, e la crisi economica rende difficile accettari.

Ma il clima è quello del 1992? Siamo alla vigilia di un nuovo ciclone o è solo un temporale estivo? Per Giuliano Spazzali, avvocato, difensore di Sergio Cusani nel processo Enimont, la risposta non è univoca. «Il denaro insegue il potere per moltiplicarsi e il potere insegue i soldi per rafforzarsi — afferma —. Il dato comune, allora come oggi, è che il potere si può comprare. È questo l’aspetto più disgustoso». Differenze? «Sì, oggi il denaro affluisce verso gli uomini, non verso i partiti. Forse, l’unica eccezione è il caso di Sesto. Una disillusione. E la gente continua a pensare che, se uno stato etico è sbagliato, di certo le persone devono essere etiche», avverte. «E non lo sono».

Ma per Spazzali, probabilmente non si arriverà alla stessa indignazione, la stessa temperie rivoluzionaria. «La seconda volta è più una farsa che una tragedia. I greci direbbero una ilarotragedia». Un dramma che fa anche ridere. Amaramente. «Del resto — conclude Spazzali —, come dicevano gli impresari di rivista: “Bambole, non c’è una lira”. Oggi, però, le lire ci sarebbero anche. Sono le bambole a essere troppe. Prevede invece un clima di crescente insofferenza il politologo Giorgio Galli: «È vero che nel ’92 il fenomeno riguardava più i partiti che le persone, ma è una differenza quantitativa, non qualitativa — afferma —.

Il forte tasso di corruzione della politica resta. Oggi, però, dalla rassegnazione si torna a una fase di indignazione», spiega il professore. «A dimostrarlo non ci sono solo le elezioni, i referendum, internet». Perché? Semplice. «La crisi economica fa da carburante all’indignazione. Il costo della politica non si riduce mai, mentre i cittadini fanno sacrifici». Crisi alle porte, dunque. «Anche perché il sistema politico è fragile, come nel 1992 — afferma il politologo —. Destra e sinistra, pur in misura diversa, sono state toccate dalle inchieste. In autunno ci sarà un’altra parte di manovra, altri sacrifici, altro malcontento...»

 E quello di Gerardo D’Ambrosio, ex procuratore di Milano, ex magistarato del Pool di Mani pulite, sembra un monito. «La corruzione giova a chi corrompe e a chi viene corrotto. È un fenomeno difficile da scoprire — afferma —. Nel 1992 ci fu l’affermazione non fortunata di Craxi che e chiamò Chiesa “mariuolo” che scatenò la sua confessione, ma ci furono anche gli imprenditori che capirono come fosse più conveniente collaborare». Uomo avvisato...

Non vede sereno neppure l’ex sindaco socialista Paolo Pillitteri, che quegli anni li ha vissuti in prima persona. Secondo lui, le analogie ci sono. Ma la situazione è, politicamente, se possibile ancora peggiore. «Questi fenomeni sono in aumento costante. Di diverso, c’è una radicata indifferenza, una violenta antipolitica che si è diffusa e che, a differenza del 1992, riguarda tutto e tutti — spiega, con voce preoccupata —. Questo sentimento è nato in quegli anni, ma si è sviluppato in modo inatteso. Anche nel 1993 — ricorda —, quando Berlusconi scese in campo, lo fece in nome dell’antipolitica, ma la sua era politica». All’epoca di Mani pulite, insomma, «il risentimento era contro i partiti di governo». Oggi, invece, «la Seconda repubblica, nata per vendicare i torti della prima, si trova travolta dagli stessi errori, con la differenza che non esiste una via d’uscita», chiude lapidario Pillitteri». Aprite l’ombrello, il ciclone può cominciare.