Milano, 15 aprile 2011 - Firme false, carte taroccate, un listino viziato da falso ideologico. E un giro di boa, nell’inchiesta sulle adesioni che portarono alle facili elezioni di uomini e donne del Listino Formigoni. E certo su una, più che su altri, Nicole Minetti, si concentra il cono di luce, già esaltato dalla furoreggiante inchiesta che la vuole adescatrice di ragazze per i Bunga Bunga di casa Arcore. Ma in realtà, l’ex igienista dentale del premier Silvio Berlusconi poi divenuta, proprio grazie al Listino Formigoni, consigliere regionale per il Pdl lombardo, in questa storia è una beneficiata tra altri, in un intero listino sostenuto e presentato grazie a quasi 3.800 firme. Delle quali, quasi 800 false.

Il procuratore aggiunto Alfredo Robledo contesta a dieci fra consiglieri comunali e provinciali (fra questi Barbara Calzavara e Massimo Turci, entrambi Pdl) l’accusa di falso ideologico, proprio per quelle 770 firme presentate a sostegno della lista «Per la Lombardia» di Roberto Formigoni, che ha corso per le elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010, e del listino provinciale milanese del Popolo della libertà-Berlusconi per Formigoni. Lo fa, il pm, con un invito a comparire ai dieci consiglieri Pdl di diversi Comuni del Milanese e altri provinciali, in cui si contesta di avere convalidato firme ritenute «palesemente false».

 

Per giungere a questa conclusione, l’aggiunto non si è avvalso di perizie calligrafiche, ma convocando una per una in Procura le persone, in teoria titolari della firma che andava a sostegno dei due listini. E nessuna, fra le 770 emerse, ha confermato di avere apposto il proprio nome a sostegno delle liste, ma ha anzi affermato che a fianco dei propri dati anagrafici compariva una firma apocrifa. Così da far ritenere che «la prova di falso è granitica»: stando almeno a fonti della Procura.

Per la lista di Formigoni vennero raccolte circa 3800 firme (per presentare la lista ne occorrono 3.500). Tra queste, infilata all’ultimo momento insieme con altri, anche la candidatura di Nicole Minetti, sulla quale si riversarono i malumori, anche, di altre esponenti di partito, come Sara Giudici. I tempo stretti, per riaprire i giochi a candidature last minute e insufflate da potenti, possono aver indotto a un travaso di firme?

A questo potranno, se vorranno, rispondere - e già dalla prossima settimana - i politici indagati per avere convalidato gli apocrifi. Di certo le indagini della Procura sono andate ben oltre l’esposto presentato dai Radicali, che, nel dare avvio all’inchiesta, avevano consegnato al magistrato copia di un bel mucchio di firme, circa 500, asserite come false, a sostegno del solo Listino Formigoni per le Regionali. I radicali, peraltro, avevano presentato anche un secondo esposto al pm, proprio perché, a loro dire, anche in base ad articoli di stampa, la lista di Formigoni sarebbe stata riaperta all’ultimo momento per fare entrare come candidata Nicole Minetti.
 

Dagli esposti, alle indagini: i convocati, firma per firma, e di persona, (ne sono stati sentiti quasi un migliaio) hanno spiegato di non aver mai firmato per le liste, anche se il loro nome e la loro firma compariva a sostegno dei listini. Fino ad arrivare alla sommatoria di quasi 800 falsi.

«L’indagine della Procura di Milano ha fatto emergere una quantità di falsi molto superiore a quella che avevamo trovato con i nostri mezzi», dichiara Marco Cappato, capolista della Lista Bonino-Pannella a Milano nel chiedere le dimissioni di Roberto Formigoni. «Si tratta di una truffa elettorale realizzata attraverso un’attività di falsificazione massiccia». «Cappato è in preda a una vera e propria ossessione, gli consigliamo di prendere un Valium». Così replica Paolo Valentini, capogruppo del Pdl in Regione Lombardia.