Ogni giorno 3mila in coda da "Pane Quotidiano": anziani, separati, disoccupati

La fila in viale Toscana per avere un pacco di viveri di MARIANNA VAZZANA

Fila in viale Toscana per un pacco di viveri da Pane quotidiano

Fila in viale Toscana per un pacco di viveri da Pane quotidiano

Milano, 4 maggio 2016 - «Ho alle spalle due separazioni e tre figli che non vedo più. A poco a poco ho perso tutto: lavoro, casa, amicizie. Ho 62 anni e me ne mancano cinque per andare in pensione, nel frattempo passo la notte in un dormitorio comunale e faccio la coda tutti i giorni al Pane Quotidiano». Comincia con la storia di Antonio, ex magazziniere licenziato nel 2009, il viaggio tra le persone in fila alle porte del Pane Quotidiano in viale Toscana 28. Italiani e stranieri. Un pellegrinaggio che si ripete ogni giorno, dalle 9 alle 11, anche nella sede gemella di viale Monza 335. Il fiume umano si allunga fino al semaforo all’incrocio con via Castelbarco e scorre lento fino ai cancelli. Ognuno pazienta per avere un po’ di pane, latte, yogurt, verdura, frutta.

Ogni giorno si presentano circa 3mila persone, il picco al sabato. Una popolazione che nell’arco di dieci anni è raddoppiata. Sempre più italiani, in maggioranza anziani. Ma ci sono anche giovani, tutti in cerca di un’occupazione. E ultrasessantenni che sognano un impiego in attesa della pensione. Tanto che basta scambiare qualche parola con le persone in fila per sentirsi chiamare da una parte e dall’altra. «Mi scusi, è qui per offrire lavoro?». La domanda pronunciata con gli occhi pieni di speranza. «Io sono divorziato da 18 anni, avevo un’impresa edile ma l’ho dovuta chiudere nel 2007 per la crisi. Spero di risollevarmi», racconta un milanese che chiede l’anonimato. Anche Luan, 49enne albanese, con sei figli tra 5 e 18 anni (il più piccolo per mano) dice di aver perso il lavoro da metalmeccanico. «Viviamo con lo stipendio di mia moglie, che si arrangia con lavoretti. Ma quello che guadagna basta solo a pagare l’affitto della casa popolare in cui abitiamo». Accanto c’è Giusy, 59 anni, anche lei alla disperata ricerca di un lavoro. «Da tre anni non trovo più nulla». Una situazione drammatica «perché a carico ho due figli di 28 e 40 anni, pure loro disoccupati». Una storia simile a quella di Concetta, nata a Milano 70 anni fa. «Mio figlio ha 40 anni, si sta separando dalla moglie ed è ritornato a casa. Non ha un lavoro. Mio marito ha avuto un ictus. I soldi delle pensioni non bastano». Mentre Antonio Rattà, 65enne, originario della provincia di Catanzaro, sbarca il lunario solo grazie alla pensione d’invalidità della moglie. «Dopo aver pagato affitto e bollette, non resta niente per mangiare. Così vengo al Pane Quotidiano.

«È diminuto il potere d’acquisto, molti non riescono ad arrivare a fine mese con la sola pensione», dice Luigi Rossi, consigliere delegato dell’associazione Pane Quotidiano. Ed è continua la ricerca di volontari che possano mettersi a disposizione degli ultimi. Ma per dare una mano alla onlus basta anche solo un “clic solidale”. Il progetto “Una nuova cella frigorifera”, di Pane Quotidiano, è in lizza tra quelli di diverse onlus, presentati per ricevere un contributo dalla Fondazione Carrefour. I più votati verranno sostenuti. L’associazione vorrebbe due nuove celle frigorifere, una per ciascuna sede, utili a conservare gli alimenti da distribuire (www.clicsolidale.carrefour.it).

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