Omicidio a Milano: Sonia, un altro nome in chat. La rabbia del fidanzato killer: "Cancellati o finisci male"

Sonia Trimboli di Milano o Liba Medcenko di Praga? La donna di 42 anni, strangolata domenica pomeriggio dal fidanzato Gianluca Maggioncalda, 42 anni come lei, su facebook aveva un altro nome, aveva un’identità virtuale di Anna Giorgi e Massimiliano Mingoia

Via Commenda 28, dove è stata uccisa Sonia Trimboli (nel riquadro)

Via Commenda 28, dove è stata uccisa Sonia Trimboli (nel riquadro)

Milano, 22 ottobre 2014 - Sonia Trimboli di Milano o Liba Medcenko di Praga? La donna di 42 anni, strangolata domenica pomeriggio dal fidanzato Gianluca Maggioncalda, 42 anni come lei, su facebook aveva un altro nome, aveva un’identità virtuale. Sonia fragile, con problemi di alcol e droga, vittima di incontri sempre sbagliati? Oppure Liba bella, palestrata, biondo platino e in posa sexy? Una dualità che nella mente di Gianluca aveva innescato un cortocircuito emotivo e alimentato un sentimento impastato di rabbia e possesso. Un sentimento distruttivo. Ma lei, che si voleva perfetta, come racconta il fratello Stefano, che ricorreva ad interventi estetici per diventare bellissima, forse solo con l’identità che pochi conoscevano, riusciva ad essere veramente la donna che avrebbe voluto essere: più libera, più sicura di sé, meno fragile.

«Non giudicatemi da queste foto - scrive sul profilo Facebook - e gli uomini non facciano commenti idioti. Non sono graditi». Amava le chat. Così aveva conosciuto anche Gianluca. E proprio questo profilo in cui lei si mostrava sorridente e sexy lo aveva fatto impazzire. Aveva agitato nella sua mente di uomo fragilissimo, col viziodi alcol e droga, i demoni del tradimento continuo. Di una condivisione con altri che lui non avrebbe mai accettato. «Sei mia, non ti voglio vedere con nessuno», le diceva. Lui voleva che lei chiudesse il profilo, non voleva leggere quei commenti di altri uomini. «Sonia era una preda facile - dice il fratello - faceva uso di coca e dopo l’episodio della violenza sessuale nel 2006 si era definitivamente perduta». Era stata accoltellata e ne era uscita viva, ma con un handicap fisico. «Per quelle coltellate alla schiena aveva rischiato di restare in sedia a rotelle, le erano rimasti comunque segni indelebili, non camminava più come prima. Lei - continua il fratello - che aveva il culto del fisico l’aveva vissuta quasi come una punizione del destino. Aveva lasciato il suo lavoro in palestra, aveva smesso di studiare all’Isef. Aveva rinunciato a tutto. Aveva rinunciato a costruirsi un futuro». E forse si era rifugiata in questa vita doppia, virtuale. Una vita che non mostrava a tutti i segni fisici di quelle violenze e che la faceva sentire di nuovo bene. «Lei aveva bisogno di essere rassicurata anche sul suo aspetto- continua Stefano - per questo finiva tra le braccia di chi le diceva un facile sei bellissima, ti amo».

Quel «ti amo» gliel’ha detto anche Gianluca. Fino all’ultimo. Ma ero un altro «ti amo» malato.  Lei non riusciva a rinunciare a lui, ma non riusciva a rinunciare nemmeno a quella doppia identità in cui si sentiva così perfetta. Così irresistibile. Apprezzata dagli uomini che le mandavano rose. Proprio questa è stata la sua trappola. Quegli scambi di messaggi con altri che sono postati il 3 agosto, il giorno in cui comincia la relazione stabile con Gianluca dovevano essere gli ultimi. Solo con me, oppure sei morta. 

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