Ex docente fatto a pezzi, ucciso con 13 forbiciate e nascosto in una valigia: "Ci avevano drogati"

"Subito dopo il nostro arrivo in via Settembrini, sono arrivate altre tre persone, poi un uomo di carnagione scura: parlava un italiano fluente e preciso. Ha strangolato il professore e lo ha accoltellato. Lo ha chiuso in valigia. E ci ha obbligati ad aiutarlo a portare la valigia a Lodi in taxi. Ma poi non ricordo..." di Anna Giorgi e Agnese Pini

Il luogo in cui è stato trovato il cadavere

Il luogo in cui è stato trovato il cadavere

Milano, 10 agosto 2014 - «Non sono stato io». Si sfoga così, di fronte agli inquirenti che lo torchiano, Gianluca Civardi, 31 anni, di Fiorenzuola. Fermato insieme all’amico Paolo Grassi, 30, per l’omicidio del professore Adriano Manesco, classe 1937: ammazzato giovedì pomeriggio con 13 forbiciate nel suo appartamento di via Settembrini 41 (FOTO), fatto a pezzi, nascosto in un trolley poi gettato in un cassonetto a Lodi (FOTO). Il movente: una questione di soldi. Sullo sfondo, un’amicizia dai contorni borderline. Nella casa che l’ex prof aveva a Piacenza sono state trovate numerose carte di credito, tutte intestate a Manesco, che la coppia di amici avrebbe usato con disinvoltura. Ma Civardi, interrogato a lungo, ha offerto una versione diversa dei fatti. Che regge pochissimo. Tutto a verbale: «Il professore non l’ho nemmeno toccato con un dito, non ricordo lucidamente perché avevo bevuto uno strano the, una bevanda drogata. Dovevamo parlare di alcuni affari con il professore, io e Paolo volevamo aprire una attività commerciale in Thailandia, e dal momento che Manesco aveva vissuto per molti anni in questo Paese cercavamo consigli da lui. Così io e Paolo ci siamo dati appuntamento al parco delle Galleane. Alle 15 eravamo a casa del prof». E ancora: «Subito dopo il nostro arrivo in via Settembrini, sono arrivate altre tre persone, poi un uomo di carnagione scura: parlava un italiano fluente e preciso. Ha strangolato il professore e lo ha accoltellato. Lo ha chiuso in valigia. E ci ha obbligati ad aiutarlo a portare la valigia a Lodi in taxi. Ma poi non ricordo...».

Un racconto confuso. Pieno di lacune e di domande senza risposta. Come per le carte di credito intestate a Manesco ma a disposizione dei due giovani. E il grande flusso di denaro che passava dal conto di Manesco a quello di Civardi e Grasso. Proprio su questa inspiegabile disponibilità economica da parte dei due si sono concentrate le indagini. È probabile che il professore avesse scoperto di essere stato in qualche modo circuito. Una truffa. Lui era un intellettuale noto negli ambienti culturali di Milano, che per oltre 15 anni aveva insegnato filosofia a Bangkok e parlava perfettamente cinese. I due giovani, uno laureato alla Cattolica, l’altro tecnico impiegato in un’azienda, secondo la ricostruzione fornita dalla polizia sarebbero arrivati a Milano in treno, a riprova di ciò ci sono i biglietti di sola andata da Piacenza. I due poi sarebbero saliti nell’appartamento del professore dove si sarebbe consumato il delitto. Da via Settembrini 41 i killer sarebbero usciti alle 22 circa. In quelle ore i due hanno ucciso il professore con tredici forbiciate al torace, quasi tutte mortali. Poi hanno segato le braccia, le mani, le gambe e la testa, hanno riempito sette sacchi, alcuni con gli stracci insanguinati, un altro con le forbici e la sega. Tutto nascosto nel trolley nero. Tutto buttato in un cassonetto.

Anna Giorgi e Agnese Pini

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