'Ndrangheta a Milano, falso dossier contro il rivale. Così il clan puntava su San Siro

Il ruolo di un carabiniere al servizio della ’Ndrangheta. E i 60 arresti di Marinella Rossi FOTO / VIDEO / LE INTERCETTAZIONI

'Ndrangheta a Milano, un frame dei video dei carabinieri che ritrae Giulio Martino (polo grigia)

'Ndrangheta a Milano, un frame dei video dei carabinieri che ritrae Giulio Martino (polo grigia)

Milano, 17 dicembre 2014 - Il catering di San Siro, come avere in mano una scala reale. L’imprenditore brillante e che distribuiva pasti per l’Inter finito nel vortice della crisi. Il carabiniere compiacente (e corrotto per mille euro) che si mette al servizio del manager. E la ’ndrangheta che fa arbitrati tra debitori e creditori, mettendo sulla bilancia pesi specifici maggiori o minori, e infilandosi negli affari dei manager. Ingredienti complessi dell’ultima storia di mafie che i carabinieri di Milano ricollocano nella loro sede naturale, Milano città, abbandonata causa processi e condanne tra il 1996 e il 1998, per ritornare in piena azione nel cono di luce che va dal 2013 a quasi tutto il 2014. La ’ndrangheta di Domenico Branca e di Alessandro Nucara, dei fratelli Vincenzo e Giulio Martino. La ’ndrangheta che promana, da Reggio Calabria direttamente, e, in questo caso, dalle cosche associate dei Libri-De Stefano-Tegano. E cosa ci fa con le mafie l’imprenditore del catering milanese Cristiano Sala, che nel 2007 fatturava 35 milioni di euro all’anno, e che nel 2008 entra nel tunnel della crisi? Lo racconta nell’ordinanza di 576 pagine il giudice delle indagini preliminari Gennaro Mastrangelo (che ha emesso sessanta ordinanze di arresto su richiesta della Dda di Milano e su indagini dei carabinieri). Sala in difficoltà economiche nel 2010 fallisce, il suo creditore Marco Santulli e il socio Domenico del Conte lo minacciano - minacce di morte a lui e alla moglie incinta -, così il manager si mette sotto il cappello del capo della “locale“ di Desio, Giuseppe Pensabene. Ma gli avversari calano un asso, Giulio Martino. Altro peso specifico. E l’“arbitrato“ tra le ’ndrine che si svolge in un bar a Seveso il 16 dicembre 2011, tutte le parti e lor padrini presenti, finisce in modo scontato: Sala soccombe e dovrà versare in assegni e cambiali 40 mila euro, e gli converrà farlo.

Quando cerca di risollevarsi, ormai manager contiguo alle ’ndrine, lo farà giocando sporco. Puntando a San Siro, per la stagione 2014-2015, tentando di subentrare alla ditta che ha ottenuto regolarmente l’appalto, la It Srl. Ma come? Con l’aiuto di un carabiniere che, fino all’arresto di ieri, era in servizio al gruppo tutela del lavoro, Carlo Milesi. Per mille euro il militare architetta un trabocchetto mortale per la It Srl: «Redige artatamente un’informativa, falsamente affermando che presso la società sono impiegati lavoratori irregolari». Quindi «propala notizie (false, ndr)» a un giornalista, inconsapevole, che le farà uscire su un quotidiano, nel febbraio 2014, e va assiduamente a «incontri con la dirigenza del Milan per convincere la società a estromettere dall’appalto, o quantomeno a non rinnovarlo, la It, paventando in caso contrario possibili ricadute dell’indagine penale anche sulla società calcistica».

Nelle intercettazioni sia Sala che Milesi fanno riferimento a più soggetti di Fininvest e del Milan che in quanto vicini «a Berlusconi... a Marina Berlusconi»- del tutto estranei a questa vicenda, sottolinea il gip - vengono informati dell’esito «assolutamente falso» di ispezioni «per indurli a cambiare l’appalto». Emerge così, sempre per via intercettazioni, un incontro con Alfonso Cefaliello, del Cda Milan, per screditare la It e dire che là «nulla era a posto». Diceva Sala a Milesi: «Cefaliello!! Minchia, cioè avete parlato con Cefaliello, figa! Cefaliello è nel consiglio di amministrazione Fininvest di fianco a Berlusconi...a Marina Berlusconi...ma gli avete fatto paura? Milesi: «Beh! Gliel’abbiamo... Insomma l’ha capito...abbiamo acquisito i documenti a lui direttamente, poi abbiamo parlato con l’ex Ferri con l’ex funzionario di Ps che adesso lavora lì». Sala: «Sì, certo Ferri, il figlio del...del ministro Ferri...». il tentativo va in fumo con le microspie, le indagini, gli arresti. A Sala niente catering, ma una cella per associazione mafiosa, falso ideologico, corruzione. E a Milesi, la galera per i falsi e la corruzione di quei mille euro come un piatto di lenticchie. [email protected]