'Ndrangheta, discoteche in mano ai clan: condanne fino a 14 anni

Tra gli 11 imputati, tutti processati con rito abbreviato, solo 3 sono accusati di associazione mafiosa. Agkli alti imputati sono state inflitte pene minori

Discoteca (Foto archivio)

Discoteca (Foto archivio)

Milano, 17 dicembre 2014 - Condannate dal gup di Milano Andrea Ghinetti a pene fino a 14 anni di reclusione 11 persone arrestate lo scorso gennaio nell'ambito di un'inchiesta della Dda sulla gestione della sicurezza in 17 discoteche affidata a un affiliato della cosca Barbaro-Papalia.  Dalle indagini, coordinate dal pm Paolo Storari, era emerso che, oltre a traffici di droga, estorsioni e altri affari illeciti, il clan esercitava il controllo su alcune delle più note discoteche della movida milanese, attraverso i servizi di security e bodyguard, con gli imprenditori del settore disposti a chiedere la «protezione» dei presunti boss per trarre «vantaggi». Le condanne sono state inflitte con rito abbreviato, dunque con lo sconto di un terzo della pena, dal giudice per l'udienza preliminare Andrea Ghinetti.

Tra gli 11 imputati, tutti processati con rito abbreviato, solo 3 sono accusati di associazione mafiosa: Agostino Catanzariti, oggi condannato a 14 anni di reclusione, il figlio Saverio (8 anni di reclusione) e Flavio Scarcella (7 anni e 8 mesi di reclusione), responsabile di una società di security che prestava servizio in una serie di discoteche della città. Agli altri imputati sono state inflitte pene inferiori. I presunti affiliati alla ' ndrangheta secondo l'accusa avrebbero fornito una «protezione a tutto campo» ad alcuni locali milanesi, attraverso una «sorta di estorsione-tangente» dal cui pagamento gli imprenditori avrebbero tratto anche «un cospicuo vantaggio». Erano quattro le discoteche «protette» dagli 'ndranghetisti, molto note in città e non solo: i 'Magazzini Generalì, il 'Codice a barre', il 'De Sada' e il 'Borgo dei Sensi (ex Parco delle rose)'. Un altro dei «servizi» forniti dalla cosca, sempre secondo l'accusa, era quello del recupero «crediti derivanti da attività lecite e illecite».

Nell'ordinanza il gip Franco Cantù Rajnoldi spiegava che Saverio Catanzariti, figlio di Agostino, e Flavio Scarcella, avrebbero mediato con la famiglia mafiosa Flachi "per la gestione della sicurezza all'interno della discoteca De Sade. Agostino Catanzariti è ritenuto il capo dell'organizzazione mafiosa, in possesso della dote de "Il Vangelo" con il compito di "coordinare l'attività degli altri associati, di tenere i contatti con gli altri sodali detenuti, provvedendo anche al loro sostentamento economico; partecipa direttamente, ove necessario, alle attività di recupero crediti con modalità intimidatorie, alle più disparate attività estorsive (estorsione - protezione, estorsione - tangente, estorsione - predatoria)" e "riceve confidenze dagli altri sodali in ordine agli omicidi commessi e rimasti impuniti (omicidio Giuseppe De Rosa e omicidio Antonino Marino); organizza l'intimidazione dei testimoni nel processo svoltosi avanti alla terza sezione del tribunale di Milano a carico di Silvano Scalmana; sovraintende all'estorsione ai danni dei fratelli Carioscia". Al figlio Saverio competeva la gestione dell'attività di spaccio di stupefacenti, mentre Scarcella si sarebbe avvalso della forza intimidatoria della cosca per fare affari nella gestione dei buttafuori dei locali.