E i musulmani sfidano la paura: una moschea con terme aperte a tutti

La «Bangladesh Association» svela il piano per lo stabile di via Esterle di Giambattista Anastasio

Rendering del progetto di moschea in via Esterle

Rendering del progetto di moschea in via Esterle

Milano, 1 luglio 2015 - Vuole essere la dimostrazione fisica di un’avvenuta integrazione, la moschea che la comunità milanese del Bangladesh si candida a costruire sui 1.500 metri quadrati di via Esterle in risposta al bando lanciato dal Comune per consentire alle minoranze religiose l’apertura di nuovi luoghi di culto. Sette le offerte pervenute agli uffici di Palazzo Marino, il 15 luglio l’apertura delle buste. A quel punto occorreranno altre due-tre settimane per l’assegnazione definitiva delle aree alle comunità firmatarie dei progetti migliori. La «Bangladesh Cultural&Welfare Association» il suo lo ha svelato ieri e dal seminterrato di via Cavalcanti, sede contestata (vedi articolo nella pagina a fianco) del «Centro Musulmano di Milano». Una scelta che non cade a caso, quella di scoprire le carte ora: l’associazione bangla, supportata dal Coordinamento delle Associazioni Islamiche di Milano (Caim), ha colto l’attimo. Nei giorni in cui, per effetto delle stragi recente del terrore, dal governatore Roberto Maroni in giù, mezzo centrodestra lombardo tuona contro l’apertura di nuove moschee chiedendo, invece, la chiusura di quelle esistenti, la comunità islamica affida la sua risposta proprio a questo progetto, un progetto che tiene insieme, dentro e fuori l’edificio, passato e presente della città. Nel segno dell’inclusione.

I giovani architetti musulmani arruolati dalla «Bangladesh Association» hanno scelto di ricoprire la facciata dell’agognata moschea con «un elemento tipico delle grandi metropoli come Milano: il graffito». Proprio così: una moschea coperata di arte di strada, di arte urbana. Già scelto il graffitaro: El Seed. A supporto Rahman Mozibur, presidente della «Bangladesh Association» e del Caim, e i suoi collaboratori mostrano le opere già realizzate da El Seed sulle facciate delle scuole a Kairaouan (Tunisia), Lugano e Melbourne. All’interno altro tributo alla metropoli e alla sua storia. Oltre alle sale per la preghiera degli uomini e delle donne, il progetto prevede che la moschea abbia anche un hammam, un piccolo complesso termale, un bagno turco: «Vogliamo rispettare la storia dello stabile nel quale ci candidiamo a realizzare la moschea – spiega Mozibur –: come noto, via Esterle fu sede di uno dei 19 bagni pubblici realizzati tra inizio Novecento e gli anni Cinquanta. L’hammam vuole portare testimonianza di questa storia». «La nostra intenzione – si legge nel concept - è recuperare la funzione del bagno pubblico rivisitandolo però in chiave moderna e rendendolo un rifugio dalla vita frenetica». Sì, perché l’hammam sarà aperto anche a chi non frequenta la moschea, anche al quartiere in ossequio a quanto caldeggiato dal Comune tramite il bando: più punti a chi provvederà ad affiancare al luogo di culto anche servizi utili e aperti alla zona. Quindi il cuore della moschea: la sala preghiera. Anche in questo caso, come già per il complesso termale, si promette l’uso di colori neutri ma caldi, si punta sui giochi di luce e sull’essenzialità degli arredi. Accanto alle sale ricoperte di tappeti ove pregare, si prevede una biblioteca, una caffetteria e uno spazio per ospitare eventi vari: tutti servizi, come già l’hammam, aperti alla cittadinanza e non solo ai fedeli musulmani. giambattista.anastasio@ilgiorno.net

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