Delitto Manesco, assassini incastrati dalle telecamere. E spunta la pista del serial killer

A incastrare Gianluca Civardi e Paolo Grassi ci sarebbero le immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza della stazione di Lodi. Nei filmati acquistiti dagli inquirenti, infatti, si vedono quattro sequenze nitide nelle quali due giovani trascinano due grossi trolley e un paio di sacchetti di Matteo Miglietta

Gianluca Civardi (sopra) e Paolo Grassi (sotto)

Gianluca Civardi (sopra) e Paolo Grassi (sotto)

Milano, 13 agosto 2014 - Hanno deciso di non parlare e avvalersi della facoltà di non rispondere davanti alle domande del gip di Piacenza Elena Stoppini. Gianluca Civardi, 30 anni, e Paolo Grassi, 31 anni, d’accordo con i loro avvocati hanno preferito seguire la via della prudenza di fronte alle durissime accuse che vengono loro rivolte. A incastrarli, però, ci sarebbero le immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza della stazione di Lodi. Nei filmati acquistiti dagli inquirenti, infatti, si vedono quattro sequenze nitide nelle quali due giovani trascinano due grossi trolley e un paio di sacchetti. I reati gravissimi che vengono loro contestati sono omicidio aggravato, rapina e occultamento di cadavere del professore in pensione Adriano Manesco, 77 anni. Ieri mattina i loro legali hanno provato a sollevato alcune eccezioni riguardo alle procedure che hanno portato al loro fermo, ma in serata il gip le ha respinte e ha convalidato l’arresto. Ora il giudice dovrà attendere gli esiti delle analisi della polizia scientifica per avere la certezza che l’omicidio sia avvenuto a Milano, con ogni probabilità all’interno della casa di via Settembrini dove il professore viveva solo. Se gli esperti confermeranno la teoria investigativa, gli atti dell’inchiesta verranno trasferiti nel capoluogo lombardo e la palla passerà nelle mani della procura meneghina.

Lodi non si è ancora ripresa dallo choc provocato dal macabro ritrovamento avvenuto venerdì sera. Lo sgomento è ancora palpabile lungo le vie vicine alla stazione e fra le sedie dei bar. Non si tratta però della prima volta che un corpo smembrato viene rinvenuto nel Lodigiano. Era già successo il primo aprile del 2011, quando un ciclista piacentino aveva chiamato le forze dell’ordine dopo aver notato il cadavere di un uomo in una scarpata del Lambro, a lato della ex statale 234, a Orio Litta. L’ipotesi è da brividi, ma sulla già tragica vicenda potrebbe addirittura allungarsi l’ombra di uno (o più) serial killer. Anche nel 2011, infatti, il corpo era stato orribilmente mutilato, sezionato in due tronconi con un taglio netto all’altezza dell’addome e privato di entrambe le mani e della testa per renderne praticamente impossibile l’identificazione. Particolari che ricordano da vicino la tecnica usata per disfarsi del corpo del povero professor Manesco, al quale gli assassini hanno addirittura abraso i polpastrelli per fare in modo che non potessero essere rilevate le impronte digitali.

Ma non è tutto. Tornando indietro di altri quattro anni fino al 14 giugno 2007, si scopre che a 20 chilometri da Orio Litta un altro cadavere sezionato era stato ritrovato. Il corpo, al quale mancavano la testa e le mani, era stato rinvenuto a Inverno e Monteleone, in provincia di Pavia, ed era stato seppellito senza che due anni d’indagini fossero riuscite a risalire alla sua identità. All’epoca di quell’omicidio i presunti killer di Piacenza avevano 23 e 24 anni. Possibile che siano riusciti a farla franca per sette lunghi anni dopo aver commesso due omicidi e che solo ora siano stati scoperti grazie alla prontezza di un nottambulo piacentino che li ha notati mentre si disfavano dei vestiti pieni di sangue? Gli inquirenti, per il momento, non escludono nessuna pista, mentre l’intera vicenda sembra tingersi sempre più di giallo.

di Matteo Miglietta

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