Delitto Manesco, un amico dei killer: "Il professore ci invitò a casa, poi iniziò a spogliarsi..."

Il racconto di un amico di Paolo Grassi, uno dei presunti di killer di Adriano Manesco di Anna Giorgi e Agnese Pini

Cadavere trovato in un cassonetto a Lodi (Cavalleri)

Cadavere trovato in un cassonetto a Lodi (Cavalleri)

Milano, 11 agosto 2014 - «Lo abbiamo conosciuto in un ristorante... ». A parlare è un amico di Paolo Grassi, che insieme a Gianluca Civardi è uno dei due presunti killer del professor Adriano Manesco, ammazzato giovedì scorso, con 13 colpi di forbice, in via Settembrini. Il ragazzo che racconta si chiama L.C., su Facebook è in contatto sia con Grassi che con Civardi. E ricorda molto bene quel giorno di un anno fa in cui «un signore anziano e dai modi gentili, seduto al ristorante cinese», li aveva approcciati, lui e Paolo. Quell’uomo era proprio Manesco. 

IL RACCONTO «Eravamo al ristorante cinese e, al nostro fianco, c’era un signore molto garbato e dai modi gentili che pranzava solo. Sembrava una persona interessante, così siamo rimasti a chiacchierare con lui di viaggi. Poi ci ha chiesto se volevamo prendere un caffè nel suo appartamento che distava pochi passi. Abbiamo accettato perché ci pareva una persona a modo. Quando siamo saliti ci ha mostrato la sua casa, molto curata, con alcune cartine geografiche appese alle pareti. E ci ha offerto un caffè. Appena lo abbiamo assaggiato abbiamo subito riappoggiato la tazzina perché aveva un sapore strano, molto amaro. Abbiamo cominciato a sudare e sia io che Paolo abbiamo pensato che il caffè fosse drogato. A quel punto il professor Manesco ci ha proposto di toglierci la camicia. Noi gli abbiamo risposto che preferivamo aprire la finestra, ci siamo allontanati per una boccata d’aria e quando ci siamo girati verso il professore, lui si era già tolto la camicia. Ci sono apparse chiare le sue intenzioni, così lo abbiamo salutato e ce ne siamo andati via in tutta fretta. Io da quel giorno, il professore, non l’ho mai più rivisto. E quella storia ho preferito dimenticarla. Non sapevo che Paolo avesse tenuto i contatti con lui. Non ne abbiamo più parlato. Se lui e Gianluca si trovano ora coivolti in una storia simile è solo perché qualcuno li ha incastrati». La testimonianza che i presunti killer del professore di filosofia hanno messo a verbale, per ora, non ha chiarito nulla di quella giornata di orrore, in cui il professore è stato massacrato a forbiciate e depezzato, chiuso in un trolley e gettato in un cassonetto a Lodi. Una deposizione delirante quella di Civardi, che accusa dell’omicidio una terza persona

I MOVIMENTI E IL VIAGGIO La polizia ritrova due biglietti del treno, tratta Piacenza Milano, timbrati giovedì 7 agosto. Li avrebbero usati Paolo Grassi, 31 anni, e Gianluca Civardi, 30, per raggiungere la casa del professor Manesco, in via Settembrini 41. Racconta Civardi al suo avvocato: «Dovevamo parlare di alcuni affari con il professore, io e Paolo volevamo aprire una attività commerciale in Thailandia, e dal momento che Manesco aveva vissuto per molti anni in questo Paese cercavamo consigli da lui. Così io e Paolo ci siamo dati appuntamento al parco delle Galleane. Alle 15 eravamo a casa del prof». Secondo la polizia, l’orario del delitto va circoscritto fra le 17 e le 22 di giovedì. 

DELITTO PREMEDITATO? Sul corpo di Manesco gli inquirenti hanno contato 13 colpi sferrati con una forbice, come se si trattasse di un omicidio d’impeto. Ma nella macchina di Civardi, una Seicento, sequestrata, sono stati ritrovati alcuni attrezzi che lascerebbero pensare a una premeditazione: due passamontagna, uno storditore elettrico, un altro grosso coltello.

IL MOVENTE Per gli investigatori è di natura economica. I due trentenni si erano fatti l’idea che Manesco fosse ricco, che potesse aiutarli a realizzare i loro sogni di fuga verso una vita meno mediocre. Pensavano forse di aver trovato l’anziano da raggirare e da spennare facendo leva sul suo punto debole: il suo vizio.

IL DELITTO (QUASI) PERFETTO Il professor Adriano Manesco era un uomo solo, senza parenti senza amici stretti. Soggiornava spesso in Paesi lontani: aveva insegnato per 15 anni a Bangkok. È molto probabile che sarebbero passati giorni, forse settimane, prima che qualcuno denunciasse la sua scomparsa. Ed è molto probabile che, data la passione del 77enne per i lunghi viaggi esotici, non subito ci si sarebbe insospettiti della sua assenza. Il suo corpo, sezionato e buttato in un cassonetto, difficilmente sarebbe stato ritrovato. Così gli assassini di Manesco avevano pensato un omicidio praticamente perfetto. A incastrarli è stata la sfortuna. La notte del delitto, intorno alle 2, Grassi e Civardi raggiungono via Nasalli Rocca, a Piacenza. Qui, dove il professore aveva un pied-à-terre, decidono di disfarsi dei loro abiti insanguinati buttandoli nella spazzatura. Ma vengono visti da un passante: l’uomo avverte subito la polizia. Che li blocca, li porta in questura, li interroga. Fino alle prime, parziali e confuse confessioni.

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