M4, ecco le voci degli attivisti che protestano contro il taglio degli alberi

Continua il presidio di protesta contro l'abbattimento degli alberi che dovrebbe far spazio al cantiere della nuova tratta della M4 in Corso Indipendenza FOTO - La lotta in difesa degli alberi di Corso Indipendenza

Una delle attiviste del presidio anti M4

Una delle attiviste del presidio anti M4

Milano, 8 ottobre 2015 - Nel parco di Corso Indipendenza è assordante il rumore delle ruspe e delle motoseghe. Gli alberi cadono lentamente, con un rumore sordo. La zona è off limits, delimitata da alcune transenne, e due uomini della Digos controllano la situazione per impedire che qualche esagitato si avvicini agli operai. Poco distante, tre donne appendono dei cartelloni con tante mani colorate. Sono le protagoniste del presidio che da un paio di giorni ha deciso di protestare a gran voce contro la nuova tratta della M4 che dovrebbe passare proprio di lì. Tre generazioni unite da un obiettivo comune: salvare uno dei parchi storici della città, che al suo interno custodisce anche dei cedri secolari.

Stella, studentessa 27enne di psicologia, è la più giovane. E' stata lei ad arrampicarsi per prima su uno di quegli alberi, ma ci tiene a precisare di non essere contro il progresso: "Ben venga la metro, ma poteva essere progettata in altro modo - dice - come si fa negli altri Paesi europei. Ieri invece è toccato a Sandra, sudamericana 40 enne che vive da oltre 16 anni a Milano. La più scalmanata è lei, anche se non perde mai il sorriso: "I cittadini di Corso Indipendenza devono svegliarsi - dice - non abbiamo il diritto di distruggere cose che non abbiamo creato". Un altro albero viene abbattutto. "Vieni qui, ti facco vedere una cosa - grida Rosanna, pensionata milanese tra le più attive nella difesa del verde pubblico - quello era un cedro che aveva 120 anni, e ci hanno messo 15 minuti per farlo fuori". Ce l'ha in modo particolare con il sindaco Pisapia e l'assessore Maran, a suo avviso i maggiori responsabili di quello che ritiene uno scempio. Per stemperare la tensione immerge le mani nella pittura e lascia le impronte sui cartelli, quasi sperando che un po' di colore possa addolcire gli animi. "A 64 anni e a ragion veduta dico che si tratta di lavori inutili, che servono solo a distruggere un polmone fondamentale della città", sospira fumando una sigaretta.

Qualcuno comincia ad avvicinarsi, ma in pochi hanno voglia di parlare, anche perchè, spiegano, c'è ben poco da fare di fronte al fatto compiuto. Qualche residente passeggia nervosamente con il suo cane, mentre le transenne vengono inondate di manifesti, provocando la curiosità dei passanti. "Non sono informatissima sulla situazione, ma non sono molto d'accordo con la protesta - spiega  Paola - vivo in questa città da 50 anni e l'ho vista sempre cambiare in meglio. Il verde è necessario, ma conta molto di più il progresso, soprattutto per voi giovani". La sua è un po' una voce fuori dal coro. Basta percorrere pochi metri per capire che serpeggia un po' di nervosismo. "Siamo governati da gente incapace - sottolinea Nella - avrebbero potuto spostare il cantiere di 30 metri, invece nulla". Non va per il sottile nemmeno Viviana: "Sono degli assassini, questa è la verità".

Un gruppo di anziani dialoga con gli uomini della Digos ma nesuno si avvicina alla "zona rossa". Intanto gli operai seguitano a lavorare al di là del recinto di transenne delimitato da silenzio e indifferenza, mentre altri cartelli spuntano ovunque. E altri alberi continuano a cadere.

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