LIBRI A CONFRONTO DI ANTONIO CALABRO' Milano, su la testa. La sfida è la modernità

Cominciamo con Fernand Braudel, uno dei maggiori storici del Novecento: “La città più importante d’Italia è Milano, metropoli europea per definizione: Milano dovrebbe essere la capitale del vostro paese” di Antonio Calabrò

Libri a confronto di Antonio Calabrò

Libri a confronto di Antonio Calabrò

Milano, 28 marzo 2015 - Cominciamo con Fernand Braudel, uno dei maggiori storici del Novecento: “La città più importante d’Italia è Milano, metropoli europea per definizione: Milano dovrebbe essere la capitale del vostro paese”. La dichiarazione è del 1980, alla vigilia della stagione vivace ma futile della “Milano da bere” che avrebbe aperto la porta a Tangentopoli e all’incrinatura del mito della città come “capitale morale”. E coglie comunque un punto essenziale: lo spessore europeo. Fondato su cosa? Le citazioni possono essere infinite. Usiamo quella d’un grande scrittore, Giovanni Verga, che, come tanti altri siciliani, amava Milano: “Milano è la città più città d’Italia. Tutte le sue bellezze, tutte le sue attrattive sono nella sua vita gaia e operosa, nel risultato della sua attività industre”. Le parole di Braudel e Verga stanno tra le pagine di “Il mito della capitale morale” ovvero “Identità, speranze e contraddizioni della Milano moderna”, scritte da Giovanna Rosa, professore di Letteratura all’Università Statale, edite da Bur Rizzoli. E partono dal paragone tra il clima dell’Esposizione del 1881 e poi di quella “Universale” del 1906 (il trionfo dell’industrialismo) e l’Expo di oggi. L’identità milanese non è mai stata etnica. Legata al lavoro, semmai. All’inclusione, anche contrastata. All’innovazione. Alla capacità di vivere “l’esperienza della modernità”. Ed è questa la sfida da cogliere ancora oggi, mettendo da canto “scandali e nostalgie” e giocando le carte migliori “del progresso”. Un mito rinnovato. 

Compito difficile, naturalmente. Perché la città “ha cambiato pelle più volte” e quella nuova è segnata da cicatrici e ferite ancora aperte, come proprio le presenze della criminalità organizzata e della corruzione scoperte ai margini dell’Expo rivelano. Se ne coglie l’eco in “Milano dopo il miracolo” di John Foot, storico dell’University College di Londra, nella nuova edizione del saggio per Feltrinelli: dagli anni 50 a oggi, le evoluzioni dell’industria e delle banche, della cultura e del costume, della creatività di moda e design, dell’urbanistica (con il degrado dei tempi di Ligresti e dei “ligrestiani”) e delle trasformazioni di alcune aree marginali o periferiche (l’Isola o la Bicocca, per esempio) in centri vitali d’innovazione e formazione. Milanin provinciale cede il passo a Milanon aperta. E adesso l’Expo può essere, nonostante tutto (la corruzione e l’inquinamento mafioso sono stati denunciati, bloccati) un catalizzatore della metamorfosi metropolitana. E’ una storia da continuare a scrivere il meglio possibile. E da raccontare. Come suggerisce Stefano Rolando, esperto di comunicazione pubblica e buona amministrazione, in “Citytelling – Raccontare identità urbane. Il caso Milano” per Egea. Nella costruzione di un “Brand Milano” (di cui il libro riflette il dibattito in corso) il tema chiave è il legame tra memoria e innovazione, l’identità da costruire è aperta e mobile, ibrida e “riformista”. Con solide radici. E sguardo internazionale. “Glocal”, insomma, per usare l’efficace sintesi di un eccellente milanese come Piero Bassetti. Nella storia di Milano non si può prescindere, naturalmente, da Manzoni. E dunque vale la pena dedicare tempo alle pagine di “Promessi sposi d’autore – Un cantiere letterario per Luchino Visconti”, a cura di Salvatore Silvano Nigro e Silvia Moretti per Sellerio: preparazione e discussione d’un film che però non fu mai fatto. Restano lettere, abbozzi di sceneggiatura, dialoghi. E quella Milano di Manzoni e Visconti rivela ancora un gran bel sapore d’attualità.

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