LIBRI A CONFRONTO DI ANTONIO CALABRO' La bella Milano e le sue contraddizioni

“Ascolto il tuo cuore città”, scriveva Savinio nei primi anni Quaranta, raccontando d’una Milano di caffè e salotti, pittori e letterati, piazze autorevoli e cortili di case di ringhiera, Milano amata come fosse una donna e riconsiderata con la distanza dell’ironia di Antonio Calabrò

Libri a confronto di Antonio Calabrò

Libri a confronto di Antonio Calabrò

Milano, 30 agosto 2014 - “Ascolto il tuo cuore città”, scriveva Alberto Savinio nei primi anni Quaranta, raccontando d’una Milano di caffè e salotti, pittori e letterati, piazze autorevoli e cortili di case di ringhiera, Milano amata come fosse una donna e riconsiderata con la distanza dell’ironia. E ben si ricorda di quel Savinio, Mauro Novelli, professore di Letteratura all’Università Statale, nel suo “Divora il tuo cuore, Milano - Carlo Porta e l’eredità ambrosiana”, pubblicato da Il Saggiatore. Perché in quel “divorare” ci sono la comprensione e l’ascolto, l’assimilazione del passato e la capacità di farne “linfa vitale” per il futuro. Una città è cambiamento, costruzione d’identità attraverso il confronto tra diversità. Conservazione e metamorfosi. E di quest’attitudine Milano è probabilmente la metropoli più esemplare, in Italia. Novelli ne rende buona testimonianza, rileggendo quel Porta che “aveva sì fatto da cardine dell’educazione sentimentale di ogni lombardo” ma soprattutto aveva saputo dar voce, nelle sue pagine in dialetto, al “liberalismo laico, fondato sui principi illuministi” e “conferire ai versi il tono di una borghesia nel fiore della sua forza espansiva, ottimista e fiduciosa nel valore socialmente produttivo del lavoro”. Una Milano attenta al cibo e alla convivialità (valori sociali anch’essi) e da riscoprire, proprio adesso, alla vigilia di un Expo che ha come tema “nutrire il pianeta”. Anche di sapide memorie, di buone idee.

Dopo Porta, ecco Delio Tessa, di cui l’editore Quodlibet raccoglie, in “La bella Milano”, gli scritti tra il 1936 e il 1939: la città s’è aperta oltre la cinta delle Mura Spagnole, conosce bene la sua storia ottocentesca ma fa i conti con l’industria, i nuovi mezzi di trasporto, la modernità cara a Boccioni, il cinema, le luci. Anche Tessa fa largo uso del dialetto, vivacissima forza identitaria. E sa muoversi tra circoli culturali (l’amicizia con Toscanini, gli editori, i giornalisti de “L’Ambrosiano”…) e ambienti popolari, tram e mercati, portinaie e puttane, le marionette dei fratelli Colla e La Scala. Mai monotona, d’altronde, Milano. E’ una sua grande qualità.

Ne è testimone attuale anche Vivian Lamarque, che ha raccolto i suoi scritti per il Corriere della Sera in “Gentilmente Milano”, per Pagine Disparse Meravigli: “Milano città di contraddizioni, città ossimora, Milàn brütta bèlla”, la neve “sul cavalcavia Bacula che sembra una Siberia”, il rifiorire degli alberi lungo le linee del tram. Gentilmente? “Ci conforta Dostoevskij che al principe Miškin fa dire ‘ho bisogno di persone buone’”.

Cambia, però, il panorama, quando ci si confronta con tempi più recenti e con il degrado della “Milano da bere”, gli eccessi della finanza rapace, le speculazioni immobiliari. Un ritratto in nero, nelle pagine di “Chi comanda Milano” di Alessia Candito, edito da Castelvecchi (“Una città travolta dagli scandali e dalla corruzione in cui il potere e la criminalità organizzata siedono intorno allo stesso tavolo”) e soprattutto in quelle di “Le mani su Milano – Gli oligarchi del cemento da Ligresti all’Expo” di Franco Stefanoni, pubblicato da Laterza. E’ un “cuore di tenebra”, adesso, quello da ascoltare. E da provare a sconfiggere. Perché è il cuore di una brutta Milano. La metropoli, come storia racconta, sa fare di meglio. 

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