Mara Maionchi e Milano Tre vite, una sola città: "Qui hai sempre una chance"

La discografica, gli esordi e quell’annuncio sul giornale (FOTO) di Massimiliano Chiavarone

Mara Maionchi

Mara Maionchi

Milano, 27 luglio 2014 -  "Per me Milano ha quel senso di mistero di un’offerta di lavoro pubblicata su un quotidiano: rispondi, non sai se ti contatteranno, ma sai che hai sempre una possibilità". Lo racconta la produttrice discografica e conduttrice tv Mara Maionchi.

In pratica ci sta raccontando gli esordi della sua carriera nello spettacolo?

Più che i miei esordi, in realtà sto raccontando una delle mie tre vite che ho vissuto in questa città.

Cominciamo dall'inizio?

Sono nata a Bologna da madre comasca e padre lucchese. Non avevo molta voglia di studiare, per cui ho cominciato presto a lavorare. Primo impiego in una ditta di spedizioni internazionali, nella mia città d’origine. Nel 1960, mia sorella Maresa si trasferisce a Milano con il marito e io decido di seguirli.

Del resto l’intraprendenza non le è mai mancata. Sbaglio?

Sì, tempo un anno e mi sono stabilita qui. Ma ho amato Milano sin da piccola. Ho cominciato a conoscerla verso i sei anni, facendo visita a una cugina di mia madre, che chiamavamo zia Anita. Lei abitava in via Vincenzo Monti. Milano in quel periodo era bellissima. Mia zia mi portava in centro a fare spese e mi regalava scarpe, golf, camicie.

Primo lavoro a Milano? A circa vent’anni, trovai un impiego in un’azienda di prodotti chimici per l’agricoltura. Poi cambiai e andai a lavorare in un’azienda di prodotti antincendio. Ricordo ancora gli incontri con i clienti e le simulazioni per mostrare cosa fare in caso di emergenze. In alcuni momenti mi sentivo molto comica.

E la musica quando irrompe nella sua vita?

Nel 1967. Durante un periodo di convalescenza a casa dopo essere stata operata di appendicite, sfogliando un quotidiano lessi l’annuncio "Casa discografica Ariston cerca segretaria per Ufficio stampa". La musica mi piaceva, risposi e fui chiamata.

La seconda svolta?

Sì, quella che mi ha dato più gioia. Mi fece il colloquio il patron  Alfredo Rossi, negli uffici di piazzetta Pattari. Cominciai nel settembre di quell’anno. Lavorai tra gli altri con Ornella Vanoni. Mi regalava i suoi vestiti come una pelliccia di rat musqué arancio. Non avevo mai avuto una pelliccia. Fu uno dei periodi più eleganti della mia vita. Sempre in quegli anni incontrai il mio futuro marito Alberto Salerno che sposai solo dopo una lunga conoscenza.

Ma intanto il suo nome girava e la chiamò Mogol?

Sì, all’ufficio stampa della Numero Uno. Fu il periodo d’oro di Battisti. Quello di "Emozioni" e  "I giardini di marzo". Il suo sodalizio con Mogol era all’apice. Lucio amava molto Milano, era sempre qui. Con lui giravamo per ristoranti e locali. In viale Zara e sui Navigli. Ho lavorato nella discografia per 44 anni e ho fondato anche con mio marito le etichette "Nisa" e "Non ho l’età".

Com’è cambiata la sua percezione di Milano nel corso degli anni?

Il centro è il termometro del cambiamento. Nel passato era emblema del decoro e della discrezione. I negozi erano eleganti ma senza esagerazioni. Oggi invece sono ossessionati dal prodotto. Il cuore della città è diventato simbolo dell’ostentazione. E’ come se la merce ti "fosse buttata in faccia". Non mi piace neanche l’affollamento di installazioni e di piramidi di Piazza Castello. Forse Milano ha perso quel buon gusto che la caratterizzava.

La via della città che continua a piacerle?

Via Washington. E’ una via di famiglia. Mio marito Alberto ci ha vissuto da bambino. Poi quando ci siamo sposati nel 1976 ci abbiamo abitato per dieci anni. In seguito siamo andati via e ci siamo tornati nel 2009. Mia sorella inoltre vive in una strada limitrofa. Sembra una grande arteria, con le auto che viaggiano veloci, invece di sera il traffico si dimezza.  Ogni volta che esco di casa mi sembra di trovarmi in un grande paesone, incontro spesso le stesse persone, ormai ci conosciamo di vista. Per la spesa trovo ancora il droghiere e il macellaio, senza dover andare al supermercato. Insomma in questa via mi sento un po’ massaia.

E la sua terza vita?

Quella che ho trascorso in tv. Ho esordito nei talent come giudice di X Factor nel 2007, a 66 anni. E ho capito che mi piaceva ancora mettermi in gioco e imparare cose nuove. Ora lavoro a Radio105 ma sogno di realizzare anche un mio progetto nel web.

di Massimiliano Chiavarone

mchiavarone@yahoo.it

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