Venerdì 19 Aprile 2024

Incidente in auto col marito ubriaco, muore il figlio: madre condannata per omicidio colposo

La Cassazione ha confermato la condanna a otto mesi per omicidio colposo a una donna. Ha consentito che il figlio viaggiasse su un'auto condotta da una persona in alterate condizioni psicofisiche. Reato aggravato dal mancato uso del seggiolino per i bebè, marito processato a parte

Il gagliardo della Corte di Cassazione

Il gagliardo della Corte di Cassazione

Milano, 28 novembre 2014 - Il figlio morì in un incidente stradale, mentre si trovava in auto con i genitori, la madre, che lo teneva in braccio e non sul seggiolino è da considerarsi colpevole. Omicidio colposo aggravato, è questa la condanna a otto mesi (pensa sospesa) confermata dalla Cassazione a una donna sudamericana sposata con un italiano. Il 20 giugno 2009 la loro automobile finì contro uno spartitraffico in piazzale Lodi. L'uomo si era messo al volante alle due di notte dopo sette ore trascorse a bere nei locali della movida milanese. Il piccolo E., di soli otto mesi, morì dopo tre giorni in ospedale, a causa dei traumi riportati alla testa nell'urto. Non era assicurato al seggiolino e si trovava in braccio alla donna, sul sedile posteriore. Finì sbalzato contro un oggetto all'interno dell'abitacolo. Secondo gli ermellini, la donna è da considerarsi genitrice responsabile del piccolo allo stesso modo del padre, anche se non si trovava alla guida. 

Y.V. ha dovuto rispondere penalmente «per aver consentito» che sull'auto - guidata da un soggetto in condizioni fisiche alterate - abbia viaggiato il figlio, affidato alla custodia di entrambi i genitori. Più in generale quindi, quando il marito è ubriaco e si mette alla guida per riportare a casa moglie e figli piccoli, in caso di incidente stradale dovuto al suo stato di ebbrezza, anche la moglie, consapevole del fatto che il marito ha bevuto, deve essere condannata se nell'incidente i bambini muoiono o riportano lesioni.

La donna, inoltre, è stata riconosciuta colpevole di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale per non aver collocato il piccolo sull'apposito seggiolino, peraltro occupato da vari oggetti tra i quali una gruccia per vestiti, e non assicurato alla cintura di sicurezza. Tra l'altro, le cinture di sicurezza del sedile posteriore non erano utilizzabili perchè tenute riverse sul lato del baule.

Y.J.V., la donna sudamericana sposata con un italiano e mamma del piccolo E., imputata in questo procedimento, ha sostenuto che non si poteva estendere anche a lei la responsabilità per la morte del bambino che era colpa, suo dire, solo del marito, R.S., processato separatamenteI supremi giudici - con la sentenza 49735 depositata oggi - le hanno risposto che «il profilo di colpa a lei contestata anche se connesso alla posizione del coniuge, se ne distingue nettamente, non rimproverandosi ad essa di essersi posta alla guida in grave stato di alterazione alcolica ma piuttosto di aver consentito che sull'auto viaggiasse il figlio, ovviamente affidato anche alla sua custodia, nella consapevolezza, che alla guida del mezzo vi fosse soggetto in quelle condizioni».

Anche la donna «quale genitrice responsabile, al pari del marito, era direttamente tenuta ad osservare le elementari regole di prudenza e diligenza», oltre alle regole imposte dal Codice della strada, rileva la Cassazione. Quanto al fatto che il bambino era in braccio non sul seggiolino, la Cassazione ha ritenuto «inosservanza di specifiche regole di cautela direttamente gravanti sulla persona tenuta alla sorveglianza» il fatto che la mamma avesse «preso in braccio il piccolo quando ancora la vettura era in movimento». Con questo verdetto, la Cassazione ha confermato quello emesso dalla Corte di Appello di Milano l'undici giugno 2013.