Il rapper Frankie Hi-nrg Mc: "A Milano si uniscono le forze per risolvere i problemi"

Il cantante rivela la zona della città che preferisce: "E’ San Siro, il vero quartiere di svago della tradizione milanese, tra stadio e ippodromo. Qui converge la Milano più popolare e quella d’élite. La prima che segue il calcio e la seconda che ha la passione delle corse dei cavalli" di Massimiliano Chiavarone

Il rapper Frankie Hi-nrg Mc

Il rapper Frankie Hi-nrg Mc

Milano, 25 luglio 2015 - «Milano mi ha insegnato che come cittadino devi connetterti con gli altri». Parola del rapper Frankie Hi-nrg Mc. La sigla sta per “high energy microphone controller”. Mc riguarda le peculiarità delle esibizioni rap.

E quando comincia la sua connessione con Milano? «Negli anni ’90, quando avevo deciso di fare sul serio con la musica. I primi passi li avevo mossi a Città di Castello, dove vivevo con i miei. A 17 anni con gli amici cominciammo a interessarci alla dance. I nostri idoli erano i Technotronic e gli Snap!. Formammo un gruppo. Io mi sono sempre occupato delle ritmiche. Non suono strumenti. Programmo i beat».

La vostra prima meta milanese? «Via Mecenate dove c’era una concentrazione di case discografiche. Eravamo in cinque e giravamo per le diverse etichette proponendo le nostre incisioni. In quel periodo iniziò anche la nostra collaborazione con Discomagic Records, allora una potenza nel campo della dance. Ma poi tutto si interruppe per un litigio con il patron, Severo Lombardoni, perché non voleva darmi 50 mila lire per alcuni lavori».

Milano come le sembrava? «Distante, difficile da frequentare. Una città che offriva servizi, ma che non aveva una dimensione turistica. Poi però ho cambiato idea. Passeggiando, per esempio, in via Tommaso Salvini, dove c’è quel bell’arco del Portaluppi. Oppure ammirando le case e le ville di via Mario Pagano. Milano è la depositaria del segreto dell’abitare ma anche dell’abitare segreto».

La zona delle città che preferisce è un segreto, oppure ce la rivela? «E’ San Siro, il vero quartiere di svago della tradizione milanese, tra stadio e ippodromo. Qui converge la Milano più popolare e quella d’élite. La prima che segue il calcio e la seconda che ha la passione delle corse dei cavalli. Rischi di diventare più ricco o più povero circondato dagli alberi, giocando una schedina o puntando su un ronzino. A San Siro hai la sintesi della Milano dei quartieri alti di San Babila e delle case modeste del Giambellino. Ma quella che ne deriva è una grande armonia, grazie al verde in cui il quartiere è immerso. E poi c’è anche il murales più lungo d’Italia».

Quello che circonda l’Ippodromo? «Sì, 3 chilometri di muro di cinta del tutto coperti da graffiti. Un’opera d’arte a cielo aperto, visibile da tutti. E’ soprattutto una legittimazione: il riconoscimento ufficiale del valore artistico dei graffiti e dell’importanza urbanistica della decorazione che è tutt’uno con l’opera edilizia, sia muro o parete di un fabbricato. Una bella unione tra la creatività, il talento dei writers e la legalità. E’ uno specchio della contemporaneità,  un simbolo di convivenza».

Del resto lei è un appassionato di arte. «Con Materie Prime Circolari snc ho ideato “Artune” (artune.it), la prima audioguida emozionale.  Si tratta di creare una playlist ispirata a un’opera d’arte, poi disponibile su Spotify. Il nostro debutto proprio a luglio con l’ “Ortolano” di Arcimboldo ospitato al Padiglione Italia di Expo 2015. La musica è ascoltabile davanti al quadro grazie al wi-fi gratuito. Il prossimo evento al Museo Civico di Cremona il 5 settembre».

I due momenti milanesi che le sono rimasti impressi? «Il primo nel 1998, con l’Hip hop Village al Forum di Assago. Una kermesse che avrebbe potuto dare molto di più a questo tipo di musica, facendole spiccare il salto di qualità e invece a causa di molte tensioni tanta progettualità si è persa per strada. L’altro momento risale al 2012, ma è di segno opposto. Sempre ad Assago ero sul palco con Fiorella Mannoia, come artista ospite del suo tour “Sud”. In quel caso sentii l’enorme amore che Milano ci stava trasmettendo».

Di Milano parla anche nelle sue canzoni? «Sì, nel mio album “Esseri umani”, ci sono due pezzi che sintetizzano i due atteggiamenti opposti di questa città. Con “Cortesie” critico la subcultura milanese dell’happy hour, del “rumore” causato dalla musica forte, dagli stuzzichini, dalle “feste bellissime”, cioè la Milano più superficiale. Mentre con “Esseri umani” parlo di una città in cui è possibile unire le forze in nome di un’etica e di un progetto comune per la soluzione dei problemi».

di Massimiliano Chiavarone

mchiavarone@yahoo.it

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