Milano, 6 ottobre 2015 - Tra le principali mission di Expo 2015 c’era quella di rilanciare il turismo italiano. Annamaria Testa, docente universitaria ed esperta di comunicazione, venerdì è attesa a Rimini per la convention di tre Fiere di settore sul turismo.
Dottoressa Testa, cosa manca al Brand Italia? «Intanto cominciamo a dire marchio e non più brand».
L’inglese non è uno dei punti di forza della comunicazione? «Guardi che l’italiano è la quarta lingua più studiata al mondo ed è amatissima dagli stranieri. I nostri ristoranti nel mondo hanno nomi italiani, scrivono “vino” e non “wine”. È stravagante che invece manifestazioni sul territorio nazionale si chiamino “Wine and food”. Insomma: dobbiamo sapere bene l’inglese. Ma dobbiamo valorizzare l’italiano».
Inglese a parte, com’è andata questa Esposizione? «Expo ha dimostrato che è possibile intraprendere grosse iniziative che hanno anche una ricaduta turistica, però Expo inizia e finisce. Sarebbe utile imparare sia da ciò che è andato bene sia da quello che è andato meno bene e farne buon uso per il futuro, sapendo che la progettualità turistica non può essere legata a singoli episodi ma deve lavorare nel tempo, sull’intero sistema Paese».
Cos’è andato bene a Expo? «Alla fin fine l’affluenza è andata bene e sembra che riusciremo a raggiungere gli obiettivi ambiziosi previsti. Ed è importante che nulla sia andato male: in una manifestazione così complessa, può capitare di tutto. Siamo bravi, siamo capaci, questa consapevolezza è il dono vero di Expo».
La critica? «Quella che facevo già nel 2009, e riguarda ciò che manca a tutta l’offerta turistica italiana: uno schema progettuale forte e riconoscibile, una struttura. Sicuramente, nei convegni, delle risposte sul tema Nutrire il pianeta sono state date, ma sono rimaste dentro stanze in cui c’erano se va bene 100 persone, o forse anche 5. Il Padiglione Zero è l’unico luogo in cui si prova a dare risposte alle grandi domande: come tutelare la biodiversità? Come non sprecare gli alimenti? Ma superato Zero l’aspetto problematico e progettuale un po’ sparisce, resta la fierona dell’alimentazione. Non è difficile organizzare una manifestazione per comprensibili chiavi di lettura, ma bisogna pensarci prima».
Uno slogan per rilanciare il nostro turismo. «Non ci sono parole magiche. In una realtà ricca e complessa come l’Italia, la sfida è fare cose meno luccicanti ma più di sostanza. E arginare l’infinito rivolo di microiniziative promozionali di Comuni e assessorati che finiscono in niente. Quanto costa tutto questo? Un piccolo esempio: se il Ministero mettesse in rete uno schema per fare i volantini turistici, progettarli sarebbe meno oneroso per i comuni e avremmo qualche sinergia in più».