Expo 2015, ecco come sta crescendo il cantiere che non può dormire FOTO/VIDEO

Viaggio nel sito di Rho-Pero: da settembre saranno impegnati 4mila operai di Luca Zorloni

Il sito di Expo 2015 (Newpress)

Il sito di Expo 2015 (Newpress)

Milano, 26 agosto 2014 - Il traffico è quello del lunedì mattina: un camion, un furgone, un secondo camion, una sfilza di auto parcheggiate. Passa una ruspa. Un tir carico di barre di ferro. Operai vanno e vengono. È il grande valzer del sito dell’Esposizione universale di Milano. Ieri siamo andati a vedere dall’interno il cantiere più chiacchierato d’Italia, per capire a che punto sono arrivati i lavori a 248 giorni dall’inaugurazione. Chi passa in treno dalle parti di Rho o prende l’autostrada dei Laghi o la Torino-Milano, che delimitano a nord e sud i confini del cantiere, si sarà accorto che nelle ultime settimane l’Expo ha cambiato faccia. Era una distesa di terra battuta, ora spuntano piloni di metallo, pareti, scatoloni di legno che diventeranno i padiglioni. Prima faceva paura la pioggia, che allagava gli scavi e li bloccava, ora «la maggiore criticità è la logistica», spiega Jhionny Pellicciotta, project manager della divisioni Costruzioni e demolizioni della società Expo.

Quando a settembre suonerà la campanella per tutti i 54 Paesi che costruiscono un proprio padiglione, gli attuali 1.280 operai schizzeranno a tremila-quattromila unità. Più quelli che lavorano nelle officine spuntate come funghi ai margini del sito, dove le società di costruzioni fabbricano i pezzi che andranno a comporre i palazzi dell’Esposizione di Milano.

«I prefabbricati — spiega Pellicciotta — ci permettono di avere una grandissima velocità». Già, la velocità. Ce la farete? «Lavoriamo di corsa, ma i tempi erano congrui», risponde il manager, che domenica ha posato il primo pezzo della sua creatura, il ponte che collega Expo alla Fiera di Milano. Ora non ci si sono più appalti da assegnare per le costruzioni: scatta l’ora di quelle per i servizi. Totale: 90 milioni di euro

I cluster, i nove padiglioni che raggruppano intorno a un tema comune, dalle spezie alla frutta, i Paesi che non costruiscono un proprio spazio, 42 milioni di appalto, in poche settimane sono passati dall’anima in legno alle pareti. Magia del prefabbricato. Dalla ferrovia si distinguono quelli del riso, del cacao e del caffè. Davanti alla stazione di Rho Fiera Milano troneggia lo scheletro in metallo del Padiglione zero, che accoglierà i visitatori all’ingresso ovest. Più della metà dei pezzi è già pronta in officina, da luglio è iniziata la posa, proprio mentre la società capofila dell’appalto da 9,8 milioni di euro, la Cesi di Imola, finiva in liquidazione coatta. È in corso la riorganizzazione del lavoro tra i partner per non rallentare la consegna.

Il Padiglione zero fa parte delle aree tematiche, insieme al Future food district e allo spazio Art & Food nei maxi cubi di cemento già terminati davanti alla ferrovia. Resta ancora un punto interrogativo sull’Expo centre: progetto da 13,7 milioni di euro, per questioni di tempo va ridimensionato, ma il come dipende dal cosa ci si metterà dentro. Si ipotizza un centro media. Se sul Decumano, l’asse da 1,5 chilometri che attraversa l’isola da est a ovest, avanza di 50 metri a settimana la copertura con le tende, i lavori per il Cardo, la strada nord-sud, sono al palo.

Cresce solo il Padiglione Italia (è stato posato il primo solaio), intorno un recinto vuoto, dove dovranno sorgere i padiglioni del vino e dell’Unione europea, che ha chiesto conto di questi ritardi. Grossi riflettori illuminano i lavori di notte. Il sito è un ingranaggio in movimento 20 ore al giorno. E nella restanti quattro, assicura Pellicciotta, non si dorme: si prepara l’asfalto, si fa manutenzione. D’altronde, l’Expo è un cantiere che non può permettersi il lusso di prendersi una pausa.