Fukushima, quattro anni dopo a Expo: «Il nostro cibo adesso è sicuro»

Il governatore Uchibori: ancora contaminato solo il 7% del territorio

Osservatori sul sito di una centrale nucleare di Fukushima colpita dal sisma nel 2011

Osservatori sul sito di una centrale nucleare di Fukushima colpita dal sisma nel 2011

Milano, 13 ottobre 2015 - Masao Uchibori, governatore della prefettura di Fukushima, la vostra amministrazione è venuta all’Expo di Milano per presentare cosa è stato fatto nella città giapponese dove si sono verificati quattro incidenti alla centrale nucleare di Dai-ichi, dopo il terremoto e il conseguente tsunami del 21 marzo 2011. Qual è la situazione attuale? I pareri di agenzie ed esperti sono contrastanti sulla messa in sicurezza.

«Dopo il terremoto sono passati quattro anni e sette mesi, in quasi tutto il territorio della prefettura di Fukushima si è ritornati alla vita quotidiana di prima. Fukushima è una prefettura molto grande,Il governatore della prefettura di Fukushima, Masao Uchibori circa un terzo del Giappone, e adesso solo il 7% della zona della prefettura è considerata come inaccessibile. Nel 93% restante la gente vive tranquillamente. Il nostro livello di radioattività è uguale a quello di altri Paesi».

Solamente il 7% è ancora contaminato, tuttavia i piani del governo sono di terminare la decontaminazione prima del 2021. Sono altri sei anni, ciò implica che in quel 7% c’è molto da fare.

«Non è che tutto il territorio del 7% sia contaminato uguale, ci sono zone diverse. Entro due anni sicuramente l’area che siamo stati costretti ad evacuare sarà diminuita. Abbiamo già previsto di costruire un centro di stoccaggio del terreno contaminato. Il programma sta andando come abbiamo previsto. La prefettura di Fukushima è grande, magari in Italia voi pensate che sia tutta contaminata, ma a parte il 7%, il resto del territorio è sicuro, come Milano. I prodotti agricoli, ittici e forestali vengono controllati severamente e sono sicuri. È questo che vorremmo trasmettere a voi».

Governatore, la sua famiglia mangia il cibo prodotto a Fukushima?

«Esatto. Il riso, le verdure e la frutta che mangiamo nella mia famiglia, le compriamo tutte dal territorio di Fukushima. Inoltre anche ai parenti che non abitano nella prefettura di Fukushima noi spediamo quel cibo. Quindi garantisco. Abbiamo preparato i documenti e i numeri dicono che in questi due anni tutti i prodotti che vanno sul mercato hanno valori inferiori a quelli che abbiamo stabilito».

Quest’estate sono ripartiti i reattori di Dai-ichi. L’incidente ha cambiato la politica energetica del Giappone? Non siete preoccupati che una situazione del genere si possa verificare di nuovo?

«In tutto il Giappone ci sono circa 50 centrali nucleari: da allora, sono ferme quasi tutte, perché la popolazione ha paura. Prima dell’incidente, ill 60/70% del nucleare era in funzione. La prefettura di Fukushima ha 10 centrali nucleari, tutte erano in azione. Ma un incidente così non si deve più ripetere. È in programma la dismissione di tutte le 10 centrali. Per questo vorremmo diffondere al mondo gli svantaggi del nucleare ed entro il 2040 ricaveremo tutta l’energia da fonti rinnovabili».

Un’alluvione ha disperso alcuni sacchi con materiale pericoloso. Perché avete aspettato così tanto a costruire un centro di stoccaggio?

«Abbiamo avuto difficoltà a decidere il luogo. Tutti i terreni sono di proprietà di agricoltori, quindi nessuno vuole dietro casa propria un centro di stoccaggio. Abbiamo impiegato tre anni e mezzo per decidere il luogo. Attorno alla centrale nucleare di Dai-ichi ci sono due villaggi, Futaba e Okuma, ed entrambi hanno accettato».

luca.zorloni@ilgiorno.net

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