Cento detenuti al lavoro per Expo

Hanno ottenuto il permesso e si occupano soprattutto di accoglienza. Arrivano all'Esposizione con i mezzi pubblici e a sera tornano nella loro cella in carcere

I detenuti lavoro su tre turni. Il 35% di loro è straniero

I detenuti lavoro su tre turni. Il 35% di loro è straniero

Rho (Milano), 6 maggio 2015 - Ionut, Sandar, Pietro e Michele. Sono quattro dei circa cento detenuti che stanno lavorando in Expo grazie al protocollo firmato all'indomani della conquista dell'evento a Milano da parte del ministero della Giustizia. Sono articolo 21, vale a dire detenuti che possono uscire ogni giorno dal carcere per prestare lavorare e sono stati formati per essere a disposizione della società organizzatrice dell'evento. Per lo più si occupano di accoglienza, danno informazioni, accompagnano chi ne ha bisogno a destinazione e per questo ricevono una retribuzione che, a detta di tutti loro, è inferiore a quanto ne ricavano dal punto di vista personale: sono tutti alla prima volta, escono quindi dal carcere (si tratta di istituti lombardi) dopo anni di reclusione e arrivano con i mezzi pubblici a Rho.

 "Mi occupo di accoglienza - racconta Ionut, 28 anni, rumeno, recluso a Busto Arsizio -, smisto i visitatori ai tornelli e do informazioni perché parlo anche inglese e spagnolo. Siamo a disposizione per quello che serve e per noi è una doppia opportunità: in primis perché siamo a Expo, e poi per dimostrare che siamo migliori".

Sandar, invece, ha 30 anni, viene da Marocco, ed è pronto a "dare il massimo. E' una grande opportunità - ha detto -, vogliamo dimostrare di essere competenti e preparati". Pietro ha gli occhi che ridono, non metteva i piedi fuori dal carcere di Opera dal 2008, si è stupito di come sia evoluta la società, della gente in metropolitana "che guarda solo i cellulari mentre io - ha spiegato - uso ancora solo carta e penna". Per lui si tratta di "un progetto importante, un modo per farci vedere al mondo", ma anche per riassaporare vecchie abitudini, come "bere in un bicchiere di vetro"; dice di non avere aspettative, ma di sperare che dopo Expo ci saranno altri progetti. Michele, invece, si è mostrato felice così perché, ha spiegato sorridendo, "a 57 anni, dopo 4 in carcere, mai avrei pensato di essere qua a Expo".

"Si tratta di un progetto nuovo - ha reso noto il funzionario ministeriale dell'amministrazione penitenziaria, Luigi Palmiero - con il quale perseguiamo la nostra missione che è quella di creare le condizioni per un ingresso graduale in società dopo un periodo di detenzione. Le statistiche ci insegnano che gli strumenti migliori sono quelli del lavoro e i ritorni sono molteplici". I detenuti scelti per il progetto sono stati selezionati tra quelli che avevano i requisiti per uscire per il lavoro; sono circa cento divisi per turni, 35% dei quali sono stranieri e circa il 7-8% donne.

fonte Agi