Esplosione in via Brioschi: "È stato il marito di una vittima"

Il pm: manomesso il tubo del gas. «Voleva uccidersi con moglie e figlie»

Giuseppe Pellicanò e la moglie Micaela Masella

Giuseppe Pellicanò e la moglie Micaela Masella

Milano, 25 giugno 2016 - Strage familiare. Con una dinamica tragicamente semplice. Per la Procura sarebbe stato Giuseppe Pellicanò, il pubblicitario 50enne, a staccare il tubo del gas della cucina, nel cuore della notte, per farla finita insieme all’ormai ex compagna e alle loro due figlie piccole. Quando la donna si è svegliata per la puzza di metano, probabilmente precipitandosi in cucina, non è riuscita ad evitare l’inferno scoppiato un secondo dopo. I tecnici incaricati hanno trovato il tubo del gas ancora collegato al piano cottura della cucina, ma svitato dal rubinetto erogatore dell’impianto, e lì vicino anche l’attrezzo utilizzato per il distacco. Sia sul tubo che sulla pinza usata per svitare ci sono impronte digitali e tracce biologiche che ora gli inquirenti vogliono analizzare. Ma per la Procura non può essere stato che Pellicanò, a manomettere il gas dell’appartamento in zona Navigli, zona sud di Milano, provocando l’esplosione che ha distrutto la palazzina uccidendo la moglie Micaela, 43 anni e la coppia di fidanzati marchigiani che abitava nel bilocale adiacente, Riccardo Maglianesi e Chiara Magnamassa, entrambi 27enni.  Oltre allo stesso Pellicanò, sono rimaste gravemente ustionate dallo scoppio anche le due figlie sue e di Micaela, di undici e sette anni. Nella casa che non c’è più, sarebbe stata trovata anche della corrispondenza tra l’uomo e la ex compagna, nessuna minaccia, ma tanto dolore e la difficoltà di accettare quella separazione e la nuova vita di Micaela. Lui era in cura da uno psichiatra e da uno psicologo per la depressione e con la donna rimasta uccisa stava frequentando un professionista che si occupa di mediazione familiare per rendere meno traumatico l’allontamento. La svolta sulla tragedia è arrivata ieri con la sua formale iscrizione nel registro degli indagati che gli consentirà l’indicazione di un consulente tecnico per gli accertamenti irripetibili disposti a partire da lunedì. Intanto i familiari di Micaela Masella, rappresentati dagli avvocati Antonella Calcaterra e Franco Rossi Galante, nomineranno come loro consulente l’ingegner Massimo Bardazza. Come si legge nel documento notificato ai legali, tra cui il difensore di Pellicanò, l’avvocato Giorgio Perroni, i pm chiedono di accertare «la causa della fuoriuscita di gas» dall’abitazione dell’uomo, all’interno della quale è avvenuta l’esplosione, «con particolare riferimento alla manomissione volontaria dell’ impianto del gas o di parti dell’impianto». E l’eventuale esistenza di graffiature «compatibili con lo smontaggio». Secondo le prime rilevazioni, dal contatore di casa Pellicanò la fuoriuscita di gas sarebbe stata di 6 metri cubi all’ora, una quantità rilevantissima «basti pensare - si legge nella relazione dei tecnici - che per provocare un’esplosione è sufficiente un metro cubo e mezzo di gas metano». Con questi dati inquirenti e investigatori hanno calcolato che il gas sarebbe cominciato a fuoriuscire circa otto ore prima dello scoppio, cioè dopo l’una di notte. Per le famiglie dei due fidanzati rimasti uccisi, Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi, che abitavano nell’appartamento a fianco, il dolore è troppo grande per parlare. «Non siamo sorpresi che sia stata una manomissione volontaria, ce lo aspettavamo», dicono i genitori di Chiara. Le famiglie dei fidanzati si sono affidate all’avvocato Danilo Bompadre.

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