di Luca Zorloni

Milano, 20 marzo 2013 - Habemus super Cap. Ieri l’assemblea dei 199 soci di Cap holding spa, la principale società a capitale pubblico che gestisce il servizio idrico nelle province di Milano e Monza, ha approvato l’incorporazione di Tam, Tasm e Ianomi, con le quali spartiva il servizio nell’hinterland milanese. Da oggi è il gestore unico per i 133 comuni della zona, escluso il capoluogo, feudo di Metropolitana milanese. Cap diventa la prima monoutility italiana per capitalizzazione, 567 milioni di euro, il doppio del colosso Acquedotto Pugliese. Avrà 243 soci e 800 dipendenti. Il piano è passato con 80 voti a favore dai soci di maggioranza e 5 astenuti dalla Brianza.

Alessandro Ramazzotti, presidente di Cap, quali sono i prossimi passaggi?
«Il gruppo è unificato. Stiamo già lavorando con il Comune di Milano per mettere insieme la gestione dell’Ato, l’ambito territoriale ottimale, unendo le autorità di città e provincia di Milano ».

L’obiettivo è incorporare anche Metropolitana milanese?
«Prima il Comune di Milano deve decidere il futuro di MM, poi ci occuperemo dell’acqua. Io credo che sarebbe naturale una gestione integrata delle reti, sennò la città metropolitana a cosa serve?»

La fusione è stata apprezzata dai movimenti per l’acqua, che auspicano il passaggio da spa ad azienda speciale. È d’accordo?
«Io non ci credo, perché l’azienda speciale ha vincoli micidiali, primo tra tutti il patto di stabilità. Nell’acqua servono grandi operatori pubblici».

In una visione ottimale, il bacino idrografico su cui dovrebbe operare Cap comprende anche la Brianza e il Lodigiano.
«Sono partite aperte. Ad esempio, il 42% dell’acqua brianzola gliela diamo noi da Pozzuolo Martesana. È complicato gestire l’acqua in maniera industriale in un territorio disegnato dalle culture amministrative».

C’è un progetto per unirsi?
«(Fruga tra le carte) Era stato studiato un piano, sarebbe utile se fosse sviluppata la città metropolitana. Si chiama “Cloud”, comprende Amiacque, Brianzacque, il servizio idrico di Milano e di Lodi: con 420 milioni di euro l’anno, sarebbe il terzo gruppo italiano».

luca.zorloni@ilgiorno.net

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