Duomo di Milano, faccia a faccia con la Madonnina: l’emozione degli scalpellini

Tre cantieri, cento operai specializzati. Un lavoro che a volte si eredita di LU.SA.

Tre operai sul Duomo di Milano

Tre operai sul Duomo di Milano

Milano, 13 febbraio 2016 - «Qui siamo juventini e milanisti, se vuole trovare interisti deve andare più in basso, alla Pestagalli». Si parla di calcio, si ascolta musica – uno stereo manda Malika Ayane – sui ponteggi del monumento più famoso di Milano. Operai e scalpellini, anzi «rifinitori», scherzano tra di loro nei pochi momenti di pausa. Pochi perché inserire un concio di marmo al posto di un altro richiede tempo, precisione, fermezza. E gioco di squadra. Scherzano, ma sanno di essere parte della storia. «Quando ti trovi faccia a faccia con la Madonnina, quando la tocchi, senti un’emozione indescrivibile – spiega uno degli operai della Veneranda che ha partecipato alle recenti operazioni di doratura – ma poi ti rendi conto che sei a centro metri dal suolo, magari c’è un refolo di vento e non pensi ad altro che a finire il lavoro». Un’altezza, 108,5 metri per l’esattezza, che per secoli ha deciso il limite dello skyline milanese. Infranto per la prima volta dal Pirellone, che fu dotato di una replica della statua «tuta d’ora e piscinina».

La Veneranda Fabbrica ha tre cantieri nei quali lavorano circa 100 dipendenti: a monte ci sono le attività delle cave di Candoglia. Poi i materiali grezzi arrivano ai laboratori dei marmisti in via Brunetti, a ridosso della tangenziale ovest (in origine era al Laghetto, dietro via Larga). E poi il Duomo con i suoi ponteggi. Operai prevalentemente milanesi o comunque lombardi. «Stiamo secondando gli archi rovesci – dice un operaio di Nerviano – inserendo i pezzi sostitutivi di marmo tra quelli più vecchi. Un lavoro di precisione che può durare anche un mese. Io sono qui da 24-25 anni, prima facevo il magazziniere. Tra gli interventi più importanti e difficili cui ho partecipato, quello sulla facciata». Da Crema viene Rusiglio Barbati che non ha dubbi: «Occuparsi del Duomo dà un valore aggiunto alla nostra professione». Sui fregi e gli ornati della Grande Guglia è all’opera Massimiliano Coelli, da 20 anni scalpellino. «Finora avrò rifinito un centinaio di pezzi», dice scrutando il panorama che nelle giornate di sole, va dalle Alpi Marittime alle Retiche. Nel cantiere più antico e tradizionale del mondo, che comprende tutta la filiera e fa scuola, il lavoro si può anche ereditare. «Mio padre è stato capocantiere per 30 anni. Ne ho seguito le orme», continua Coelli. Capocantiere qui è oggi Francesco Aquilano, da 16 anni nella Veneranda. «Per entrare ho superato una serie di colloqui durata quattro mesi», ricorda. Capocantieri sono anche Gino Giacomelli per i marmisti ed Elio Corbetta alle Cave. L’età media è di 35-40 anni. Non mancano i giovani, come il 24enne Fabio Talotta.

di LU.SA.

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