"Io, anarchico e montanaro". Cognetti sul tetto del mondo

Dal libro Premio Strega sarà tratto un film

Paolo Cognetti con il suo libro vincitore del Premio Strega (Ansa)

Paolo Cognetti con il suo libro vincitore del Premio Strega (Ansa)

Milano, 8 luglio 2017 - Quasi inutile chiedere il giorno dopo a Paolo Cognetti qual è il suo stato d’animo dopo la vittoria al Premio Strega. Ma per chi non l’avesse visto in tv ecco la risposta a caldo: "Essere arrivato qui è la realizzazione di un sogno, e il mio sogno non era tanto vincere un premio quanto fare lo scrittore, e poter vivere del mio lavoro: ci sono riuscito e sono orgoglioso di dirlo". Vincitore alla grande, con 208 voti contro i 119 di Teresa Ciabatti, seconda con “La più amata”. Oltretutto con “Le otto montagne”, un romanzo, edito da Einaudi, che non è l’ennesimo giallo. O l’ennesimo noir. I due generi, o è uno solo?, cui sembrano essersi ridotte le patrie lettere. "Ma lo Strega ha sempre premiato la buona letteratura".

È ancora a Roma o già nella sua baita in alta montagna? "Sono a Milano. Ma in partenza per la montagna".

Serata mondana, quella al Ninfeo di Villa Giulia. Come si è trovato, lei, uomo dei monti? 

"Normalmente mi sarei sentito a disagio, ma ero circondato da tanti amici, da gente che mi vuole bene".

Cravattino nero: souvenir scolastico o simbolo anarchico? "Anarchico. Credo più nelle idee che non nelle etichette. Ma le idee è bene anche manifestarle".

Romanzo classico, il suo. Di formazione. E di montagna. Tutto autobiografico? "No. Sì l’inizio, la prima parte, soprattutto dove parlo dei miei genitori. Poi su quella storia se n’è innestata un’altra immaginaria".

Il suo racconto ha per protagonisti due bambini, che s’incontrano e, a distanza, crescono insieme. Uno in città, l’altro fra le mucche. Bruno, il suo amico delle montagne, è reale? "Il Bruno bambino è immaginario. Il Bruno adulto è stato fortemente ispirato da un mio amico".

E la sua scomparsa? Non ha pensato a un seguito? O sarebbe banale? "Più che un seguito mi piacerebbe una storia parallela".

Un romanzo in tre parti: la più sentita? "La seconda. Il sogno di ricostruire una casa".

Il suo romanzo è in via di traduzione in ben trenta lingue. E un film? Le piacerebbe? Magari sceneggiato proprio da lei… "Certo che un film mi piacerebbe. Anche i diritti cinematografici sono già stati acquisiti. Ma è presto per parlarne. Sceneggiarlo io? No, sceneggiare e raccontare sono due lavori diversi. Dare una mano, quello sì".

Paolo Cognetti, l’altra sera nel taschino lei aveva un rametto di abete. E ha detto: viva la montagna! "Sì, la mia vittoria la dedico proprio alla montagna, perché è un posto abbandonato, dimenticato e distrutto, in molti casi dalla città, e io mi sono votato a cercare di raccontarlo. Cerco di fare il portavoce, il tramite tra la montagna, la pianura e la città, che sembrano lontanissime. Cerco di narrare quelle storie per chi non le conosce e vive troppo lontano, cerco in qualche modo di salvare quel mondo in cui vivo".

Come si può salvare lamontagna? "Con l’attenzione. Con la delicatezza, i compromessi intelligenti. I parchi contro la logica del consumo. Io abito su una pista da sci. Ecco, il turismo, quello invernale. Sa quanto cemento, quante ruspe lavorano in estate per preparare una discesa?" 

E l’annunciata bevuta con gli amici? Con lo Strega? "Quello come aperitivo, è doveroso. Poi un buon rosso robusto".

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