"Milano in the cage" al cinema: storia vera di Al, lottatore perdente

Un film di Fabio Bastianello che esce oggi in sala dopo una presentazione all’Italian Pavilion di Cannes 2016

Alberto Lato, il buttafuori tatuato e lottatore protagonista del film con Omar Pedrini all’esterno della Stazione Garibaldi

Alberto Lato, il buttafuori tatuato e lottatore protagonista del film con Omar Pedrini all’esterno della Stazione Garibaldi

Milano, 25 maggio 2017 - Premessa e promessa: Milano come non l’abbiamo mai vista, parola di regista. Che prima dei titoli scrive in cartello: «In questo film ho lasciato spesso parlare e gridare la strada, anche nella scelta di alcuni personaggi che interpretano loro stessi, lasciando vivere la vita nella sua interessante imperfezione». Storia di Al, storia vera di Alberto Lato, buttafuori, guardia del corpo e tossicodipendente, ipertatuato anche in volto a marcare una contro-identità forte, tra locali notturni di terza classe e appartamenti devastati dove Milano si è bevuta e fatta di tutto. Nella sua esistenza selvatica e coatta ai margini, colta dal momento di caduta al momento di riscatto attraverso l’agonismo nelle arti marziali, c’è anche un figlio, che gli occhi inteneriti di Al spiano a scuola o per strada con affetto e rimpianto.

Girato di notte, «Milano in the cage» di Fabio Bastianello esce oggi in sala dopo una presentazione all’Italian Pavilion di Cannes 2016 e al Venice Production Bridge della Mostra di Venezia, primo film realizzato in Italia sulle MMA (Arti marziali miste). Nel cast milanese, di attori e non-attori, con Alberto Lato ci sono Cristian Stelluti, Antonella Salvucci, Federica Strozzi, Lorenzo Bastianello, l’istruttore Claudio Alberton e il campione mondiale di Kickboxing Max Greco. Special guest, il cantautore Omar Pedrini, che firma anche due dei brani della colonna. Per il regista Bastianello un full time di quasi tre anni.

Perché ha scelto Al?

«Lo conoscevo da qualche anno e pensavo a una storia forte. Andiamo a vedere che cosa c’è “sotto il tappeto” di una città che è l’emblema della moda, del successo, intorno al periodo dell’Expo. Quando Al è tornato dalla Thailandia per alcuni incontri di Tai Box e l’ho visto completamente tatuato ho deciso di raccontare la sua storia e seguirlo dal rientro fino all’incontro che poi ha, per fortuna, deciso una sua nuova strada. Raccontando la storia di questa lotta per tornare nella società abbiamo anche descritto un mondo invisibile, spesso anche nelle cronache».

Dalla suburbia ai grattacieli. Che Milano ha scelto?

«Sono andato tra le case occupate dove vige la prostituzione e lo spaccio di droga, seguendo i percorsi di Al, ma anche nella città “regolare”, sebbene io abbia sempre considerato il nuovo skyline di Milano come una sorta di panorama western».

Al fa se stesso. E gli altri?

«I ruoli più importanti li ho dati a non-attori, i minori a professionisti. Ad Al, che ho ritrovato in buona forma, ho dovuto chiedere di dimenticarsi di ridere per un anno... Volevo che si sentisse viva la disperazione di un mondo, dal quale tutti vorrebbero uscire, ma poi c’è sempre qualcosa che li afferra e li tiene dentro».

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