Max Gazzè in concerto agli Arcimboldi, da pop a poeta sinfonico

"Alchemaya" agli Arcinboldi

Max e la sua orchestra  nello spettacolo per due sere agli Arcimboldi

Max e la sua orchestra nello spettacolo per due sere agli Arcimboldi

Milano, 11 aprile 2017  - L'aveva detto e l’ha fatto. Dopo essersi lasciato rapire il cuore e il basso da Maximilian, il bardo rinascimentale che grazie al successo di “La vita com’è” e “Ti sembra normale” l’ha trasformato in un padrone delle playlist radiofoniche, Gazzé torna ad essere Massimiliano per riprendere la strada da lì dove l’irruzione del poltergeist l’aveva interrotta costringendolo a fare gli straordinari in hit-parade. Assieme all’anima, infatti, il musicista romano s’è ripreso pure la voglia di osare mettendo mano ad “Alchemaya”, il progetto più visionario e ambizioso partorito in vita sua. Anzi, la sua prima opera ‘sintonica’, un “sottomarino giallo che vola” come la definisce scorrazzando allegramente tra gli onirismi di un John Lennon in acido. Certo è che l’idea di mettere assieme oggi e domani agli Arcimboldi i 50 elementi della Bohemiam Symphony Orchestra di Praga, alle dipendenze del maestro Clemente Ferrari, e i sintetizzatori rappresenta un azzardo che Max avrebbe potuto accollarsi solo ora, col vento in poppa di due anni di trionfi. Ma è l’ambizione di trovare una sintesi tra i suoi tanti appetiti esoterico-culturali e dargli forma di spettacolo. Proprio a questo si debbono i brani tratti da letture sacre e scritti mistici, frammenti della Bibbia, le tavole sumeriche, i manoscritti di Qumran.

“Spesso pensiamo che il progresso dell’essere umano sia legato alla tecnologia dimenticando che c’è pure una tecnologia interiore; la tecnologia dell’anima- ammette Max(imilian) - questo progetto è un vero e proprio concept che nasce dalle ricerche storiche, filosofiche, spirituali condotte nell’ultimo ventennio da me e da mio fratello Francesco. Volevo far sì che attraverso le melodie e i testi di questi brani si attivasse una piccola campanella capace di ricordarci che simo corpo, ma pure spirito”. Letture come “Anello mancante”, “Enuma Elish” o “XXII” finiranno assieme a brani scritti apposta per il “concept” quali “Vuota dentro” o “Il progetto dell’anima”. “Niente cori, niente strumenti: ho puntato a scarnire, a decostruire. Assieme al direttore Ferrari abbiamo lavorato tanto sugli arrangiamenti, sulla scrittura. Una grande fatica: diciamo che il 10% è stata ispirazione, il 90% traspirazione”. Un masso erratico, una pietra filosofale? “No, forse solo un mattone. Più fruibile la seconda parte, concepita conferendo veste sinfonica a classici irrinunciabili come “Il solito sesso”, “Il timido ubriaco”, “Sotto casa”.

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