Manzoni, il delitto e il baritono: a pezzi le collezioni di falsi

Milano, distrutte le opere del gallerista ucciso e di Zecchillo

Piero Manzoni

Piero Manzoni

Milano, 9 gennaio 2017 - Distruzione di falso d’artista. Sono stati «letteralmente fatti a pezzi» trentanove quadri attribuiti a Piero Manzoni e giudicati falsi dal Tribunale civile di Milano. Era la collezione di Giuseppe Zecchillo, ex baritono e sindacalista della Scala, ammiratore dell’artista scomparso prima di compiere trent’anni nel ’63: ristrutturò il suo ex studio a Brera, diceva d’esser stato il solo a comprargli, in vita, le opere le cui quotazioni anni dopo la morte sono schizzate alle stelle. E con la sua associazione “Amici di Piero Manzoni” dai primi Duemila ha ingaggiato una battaglia legale decennale contro la Fondazione Piero Manzoni, che fa capo agli eredi dell’artista, alla quale sottopose la sua collezione per autenticarla, rimediando una denuncia per contraffazione.

Perizie e controperizie; il processo penale si chiuse con un nulla di fatto, il civile invece è andato a sentenza prima della morte di Zecchillo, scomparso sei anni fa. La sentenza, non impugnata dal figlio del baritono e divenuta definitiva nel 2015, ha stabilito che tutte e 39 le opere erano false «e dovevano essere distrutte», chiarisce Rosalia Pasqualino di Marineo, curatrice della Fondazione che ieri con una nota ha fatto sapere d’aver eseguito l’ordine dei giudici, «in accordo con l’erede del collezionista». Erano tutti (finti) «Achromes di diverse tecniche, dalle tele grinzate ai cotoni, dai pacchi ai polistiroli». «Superfici acrome», le chiamava Manzoni: fossero state autentiche sarebbero valse una fortuna (una fu battuta a New York per un milione di dollari). «L’associazione “Amici di Piero Manzoni” tentava di promuovere e sostenere la diffusione di racconti diffamatori a sostegno delle opere, quasi sempre non autentiche, di proprietà dei soci – si legge nella nota -. I numerosi interventi legali della Fondazione e la collaborazione col nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri hanno fermato la circolazione di questi falsi. I collezionisti possono dormire tranquilli, la Fondazione ha definito il corpus delle opere autentiche (presto saranno su di un nuovo catalogo on line) e si muove con fermezza contro chi cerca di diffondere opere false».

Ad oggi sono 65 i “Manzoni” dichiarati non autentici in sede giudiziaria civile. Dieci sono stati giustiziati dai carabinieri nel 2016. Erano «di proprietà Gianni Schubert», e cioè del gallerista ucciso e gettato nel Naviglio nel 2010 da un collaboratore. Schubert era stato coinvolto, e poi prosciolto, in un’inchiesta su un giro di presunti falsi nella quale furono sequestrati due Manzoni ritenuti contraffatti. E che ora, con altri 5, sono al centro di tutt’altro processo, in cui l’ex avvocato del gallerista è accusato d’aver rifilato a un danese sette falsi Manzoni di cui le eredi di Schubert (parte civile) rivendicano tuttavia la proprietà. Così la scure iconoclasta della Giustizia pende ancora sui falsi intestati al dissacratore che inscatolò 90 latte di controfirmata «merda d’artista». Oggi passano di mano per cifre anche superiori ai 200 mila euro (cadauna).

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