Luca Pollini: "Il mio racconto un po’ hippie fra generazioni"

Luca Pollini, il suo testo. E il teatro

Anni ’60: la cultura hippie, movimento nato negli  Usa

Anni ’60: la cultura hippie, movimento nato negli Usa

Milano, 21 giugno 2017 - The summer of Love. Ovvero: pace, amore e ancora un bel po’ di amore. Era l’estate del 1967. Dalla California (Università di Barkeley) al resto del mondo, con ramificazioni sempre più politiche. Soprattutto da questa parte dell’oceano. Per chi ne volesse sapere di più, vale la pena recuperare “Hippie. La rivoluzione mancata” di Luca Pollini, da tempo studioso dell’argomento. Tanto da trasferire ora la riflessione sul palco. Titolo: “Ci hanno rubato la parola amore” (citazione di Jerry Rubin), domani sera alle 21 al Teatro Caboto per la regia di Adele Merati. Sul palco una nonna racconta alla nipote la sua esperienza in una Comune a San Francisco. Che anche i nonni hanno avuto vent’anni.

Luca Pollini, cosa ci attende sul palco?

«È prima di tutto un confronto generazionale, che nasce dal mio libro del 2008. Ne avevo già proposto un reading qualche tempo fa al Teatro della Cooperativa, poi ne ho ricavato un testo. È stato importante l’incontro con Adele Merati, che ha avuto la pazienza di portarlo in scena con ben undici attori, di cui otto fra i 17 e i 24 anni. Ci è voluto molto coraggio».

Una piccola Comune…

«Proprio per questo ci è voluta la massa. E anche la gioventù».

Che fine ha fatto quell’eredità?

«Non facile rispondere. I valori non sono stati passati o non stati raccolti? Si consideri che negli Anni Sessanta gli Stati Uniti erano davvero un paese complicato, dove ammazzavano i presidenti in mezzo alla strada, c’era la discriminazione razziale e la guerra nel Vietnam. Da lì nasce tutto e nonostante le differenze, qualcosa è comunque arrivato. Il pacifismo ad esempio è un valore ormai riconosciuto. Così come l’ecologismo. I No Tav hanno dei modi di fare a volte un po’ violenti ma difendono la loro terra».

Come fu la versione italiana dell’epoca? Vengono in mente Parco Lambro e Re Nudo.

«La cultura hippie era prima di tutto una filosofia di vita. Pace e amore non era solo uno slogan. Da noi arriva tutto più tardi e con connotazioni decisamente più politiche. È la contestazione. Al Parco Lambro nel 1976 fu quasi uno scimmiottamento, il giocare a fare Woodstock. Ma la politica era in ogni cosa, anche nei testi dei gruppi sul palco».

Insomma, cercarono di unire anime troppo diverse.

«Ci provò Andrea Valcarenghi di Re Nudo ma non ce la fece. Lui era un vero hippie. D’altronde non si ricorda un giorno in cui la sinistra sia stata unita…».

Dunque cosa vi interessa trasmettere dal palco?

«Prima di tutto mostrare la passione e la vera amicizia di quegli anni. E poi far comprendere l’importanza della condivisione. Ora mi pare che non si condivida nulla e si comunica troppo attraverso dei monitor».

Nei prossimi mesi?

«È appena uscito “Restare in Vietnam. Dalla parte del nemico”, mentre il prossimo anno sarà il cinquantenario del 68 e vorrei scriverne da un punto di vista sociale, di costume».

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro