Scala, Sara Rossini: "La mia Gretel persa nel bosco batte la paura. E diventa donna"

Il talento emergente della lirica racconta di sé e dell'opera che debutta stasera nel tempio della musica milanese

Sara Rossini in Hansel e Gretel

Sara Rossini in Hansel e Gretel

Milano 2 settembre 2017 - L'idea della toga le stava un po’ stretta e così Sara Rossini si è messa a cantare. Oggi abbiamo un avvocato in meno e una nuova voce per la lirica. Nata a Magenta, dove vive, il giovane soprano, debutta al Teatro della Scala nel ruolo della protagonista dell’opera “Hänsel und Gretel” di Engelbert Humperdinck, libretto di Adelheid Wette tratto dall’omonima fiaba dei fratelli Grimm. Gioiello musicale, purtroppo poco conosciuto in Italia, proposto dall’Accademia del Teatro alla Scala, da cui provengono tutti gli artisti. Sul podio Marc Albrecht, regia di Sven-Eric Bechtolf, scene di Julian Crouch.

Come sarà la sua Gretel?

«Il regista mi ha suggerito di vivere la fiaba come un romanzo di formazione. Gretel attraversa alcune esperienze che le faranno abbandonare i giochi dell’infanzia per diventare una donna consapevole e forte, su di lei Hänsel potrà sempre contare.

Sara, quando ha scoperto di avere una bella voce?

«Veramente non l’ho ancora scoperto. Dopo la maturità classica non sapevo cosa fare, ho iniziato a studiare il pianoforte a sei anni per emulare una mia compagna di scuola, a sedici sono passata alla chitarra, il mio periodo rock. Mi piace studiare, leggere, mi sono iscritta a Giurisprudenza, papà è avvocato, l’ho frequentata per quattro anni, alla fine non ho resistito e ho tentato l’esame di ammissione al Conservatorio di Milano».

I suoi genitori hanno accettato la sua scelta?

«Durante il primo anno ho frequentato sia il Conservatorio che l’Università, studiavo quindici ore al giorno, non aveva senso, il canto stava diventando la mia vita. Quando i miei l’hanno intuito, mi hanno sostenuta con affetto. Qualche anno fa siamo andati insieme all’Arena di Verona, prima di entrare a sentire l’opera ho visto alcuni cantanti che stavano chiacchierando in attesa dello spettacolo. Ho desiderato essere come loro, in costume, pronta ad andare in scena, in quel momento ho avuto la certezza che non avrei percorso un’altra strada. E mamma e papà non hanno avuto più dubbi».

Chi sono stati i suoi primi maestri?

«Ho avuto la fortuna di essere guidata da Sonia Turchetta, un’artista straordinaria, cantante raffinata e colta, il suo repertorio spazia dal Barocco al XX secolo. È una donna intelligente, mi ha insegnato a capire la musica e a muovermi nell’ambiente, è un mio riferimento. Ho studiato due anni con Daniela Dessì, altra figura importante nella mia vita, aveva talento, tecnica, era buona, generosa, capace di ascoltare e consigliarti, mi manca tanto».

Cosa ha significato per lei entrare all’Accademia del Teatro alla Scala?

«Per anni è stata il mio mito, ma man mano che andavo avanti negli studi nascevano in me interrogativi sul mio futuro di cantante, finché un amico mi ha detto di non pensare mai di essere giunta alla meta e mi ha suggerito di provare l’esame per l’Accademia. Mi sono rimessa in discussione e durante la selezione per accedere al corso di perfezionamento di canto mi sono applicata con diligenza e forza. È stata un’esperienza magnifica, ho studiato con Luciana D’Intino, e adesso sono in scena con i miei compagni di classe, senza competizione, solo tanta amicizia».

Cosa fa quando non studia?

«Leggo, ascolto musica, tanta e varia. Mi piace correre ascoltando i Led Zeppelin, mi danno il ritmo giusto».

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