Depeche Mode a San Siro: concerto-kolossal a colpi di hit

Ogni movimento rivoluzionario è romantico, per definizione. Lo diceva Gramsci e lo sottoscrivono i Depeche Mode di quel Global Spirit Tour che li riporta a Milano

La band dei record ha venduto  oltre 100 milioni  di dischi  in tutto il mondo

La band dei record ha venduto oltre 100 milioni di dischi in tutto il mondo

Milano, 27 giugno 2017 - Ogni movimento rivoluzionario è romantico, per definizione. Lo diceva Gramsci e lo sottoscrivono i Depeche Mode di quel Global Spirit Tour che li riporta questa sera a San Siro. Che i sediziosi sentimentali di turno si chiamino poi Paul, John, George e Ringo, come suggeriscono le note registrate della beatlesiana “Revolution” sparate a tutto volume prima dello show, o Martin Gore, Dave Gahan ed Andy Fletcher, quando affondano i denti nella carni molli di quella “What’s the revolution” che pure dal vivo si conferma il miglior momento della loro ultima fatica in studio “Spirit”, poco importa. A pesare è lo stato d’animo con cui il trio di Basildon si reinventa in questa ennesima black celebration. «Forza, gente. Mi state deludendo. Dov’è la rivoluzione?» canta Gahan, baffetti a fiammifero e gilet rosso, tra le animazioni sullo schermo di pugni stilizzati che sembrano trasformarlo in un Erroll Flynn proletario madido di sudore. Musica per le masse. E non solo.

Varato il 5 maggio alla Friends Arena di Stoccolma, questo Global Spirit Tour terrà sulla strada il trio inglese - spalleggiato pure in questa occasione da Peter Gordeno alle tastiere e Christian Eigner alla batteria - fino alla prossima primavera, con un calendario di 94 show in cui figura pure la coda nei palasport che lo riporta il 27 gennaio ad Assago (prevendite al via giovedì prossimo). Anche se con minor efficacia del risultato ottenuto nel clamoroso show degli U2 in arrivo a Roma il prossimo mese, l’impaginazione grafica del fotografo olandese Anton Corbijn in questo Global Spirit Tour accantona la sua predilezione per i contributi video in bianco e nero giocando con esplosioni di colore. Uno dei pochi filmati bicolori è quello di una bandiera nera che garrisce mesta al vento mentre il cantante intona “Heroes” di Bowie.

Perché la rivoluzione è innanzitutto memoria per i suoi apostoli scomparsi. Da ascoltare con attenzione stasera al “Meazza” pure il gruppo di supporto: gli Algiers. «Concepiamo da sempre il disco e il tour come due elementi complementari della nostra carriera», spiega Fletcher. «Per noi hanno uguale importanza e questa è una visione in controtendenza di questi tempi. Avendo iniziato facendo musica elettronica, per noi è importantissimo dimostrare che sul palco ci sappiamo fare per davvero e che riusciamo ad essere muscolari come una rock band». Questa visione del live-live resta incollata pure alle parole di Gore. «Tutto lo spettacolo ruota attorno al concetto di band», ammette. «Per questo amiamo i visual di Anton, ma cerchiamo di non dargli un’importanza preponderante. Ricordo addirittura che durante il tour di “Songs of faith and devotion” riducemmo l’ampiezza degli schermi per evitare che il pubblico prestasse più attenzione a quelli che a noi».

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