Milano, 28 marzo 2011 - Ha cantato davanti al Presidente Napolitano. Franco Vassallo, baritono milanese di fama internazionale – Barbiere scaligero l’anno scorso – ha interpretato Guido di Monforte nei “Vespri siciliani” di Verdi al Teatro Regio di Torino. E la sera del 18 febbraio, dedicata al 150° anniversario della nostra nazione, c’era anche il Capo dello Stato. L’ultima recita sarà domani, 29 febbraio.

Sei riuscito a incontrare Giorgio Napolitano?
Purtroppo no perché se ne è andato dopo i primi due atti. Ma è stata comunque una serata cui sono stato orgoglioso di partecipare. Quando ho sentito risuonare dall’orchestra l’Inno di Mameli, stavo uscendo dal camerino. Mi sono fermato e ho cominciato a canticchiarlo mentalmente. Mi sono emozionato.

Quale messaggio avresti voluto affidare al nostro Presidente?
Che lo Stato deve impegnarsi attivamente a proteggere la cultura e l'arte, come previsto dall'articolo 9 della Costituzione, che sono tra i beni più preziosi che l’Italia possiede. La loro presenza o assenza determina il semplice e terribile spartiacque tra la Civiltà e la Barbarie.

Veniamo all’opera. Come ti sei preparato ai “Vespri siciliani”?
Come a qualsiasi altro ruolo; studiando lo spartito, ossia la musica e le parole per creare una perfetta alchimia, approfondendo le fonti letterarie e storiche del periodo in cui è ambienta l'opera e quelle del periodo in cui l'autore la compone, nonché ovviamente la psicologia del personaggio.

Hai già affrontato il ruolo di Guido di Monforte?
Sì. Questa è la mia terza volta dopo Bilbao e Carlo Felice di Genova, dove l’opera inaugurò la stagione 2007/2008.

Che rapporto hai con questo personaggio?
Lo trovo molto profondo. È un tiranno inflessibile che cela un animo dolente e una profonda sensibilità. Il vuoto profondo che l’opprime ci rivela che la sua vera natura è un’altra e, alla ricerca del tempo perduto, fa di tutto per recuperare il rapporto col figlio che lo combatte militando coi ribelli. Psicologicamente anticipa Filippo II nel Don Carlos, ma in Guido troviamo un raggio di luce e di speranza di redenzione che squarcia l’immensa oscurità del potere.

Quale è il momento vocale più difficile della parte?
Ce ne sono diversi. Eleggerei l’aria con le sue mezzevoci nell’ardua zona di passaggio, da eseguire con morbidezza ed estremo legato.

Nelle prime due recite la direzione di Gianandrea Noseda ha molto convinto critici e pubblico.
Noseda dirige con bel piglio, precisione e grande energia che sa trasmettere a noi artisti di canto; con lui ho un’intesa istintiva e un rapporto professionale e umano molto belli; lo sento come me alla ricerca di bellezza, forza e verità.

Hai cantato per l’anniversario della nostra nazione. Sei fiero di essere italiano?
Fierissimo, quando penso che abbiamo dato al mondo San Francesco, Dante, Leonardo, Michelangelo, Colombo, Monteverdi, Bernini, Galileo, Vivaldi, Beccaria, Canova, Volta, Rossini, Manzoni, Verdi, Marconi, Puccini, Meucci, Pirandello, Caruso, Fermi, Fellini, Mastroianni eccetera. Popolo non solo di santi e navigatori, ma anche di eccelsi artisti, poeti, musicisti, medici, scienziati e così via.

C’è ancora una recita in cartellone. Perché gli italiani devono venire a vedere i “Vespri”?
Perché è una splendida opera e perché è l’occasione per una grande festa comune sulle note di uno dei nostri migliori compositori, il più rappresentativo della stagione risorgimentale. E perché si possa riflettere insieme sul fatto che non solo i nostri punti di forza come italiani sono ancora gli stessi di un secolo e mezzo fa, ma che identici sono rimasti anche i nostri punti deboli e i lati d’ombra. E rendersene conto è il primo passo per cambiare.

Nella regia di Davide Livermore Monforte ha il controllo delle televisioni, non tollera il dissenso. Ci sono le veline…
I riferimenti al presente sono più che ovvii, ma il regista fa una critica trasversale e non di parte e mi pare abbia centrato la sua interpretazione sul fatto che lo stesso Verdi guardava con disillusione all'inevitabile strumentalizzazione delle rivoluzioni. L’invito di questa lettura registica, culminante nella scena finale dell’opera, è quello di ribaltare quest’affermazione e di cambiare finalmente nella sostanza e non più solo nella forma. Anch’io mi associo entusiasta: correttezza e verità soppiantino negl’italici cuori doppiogiochismi e furbizie di cui siamo ormai tutti troppo stanchi.

Quali saranno i tuoi prossimi impegni?
In Italia il ruolo protagonistico nel "Rigoletto" sempre qui al Regio di Torino tra aprile e maggio, Marcello nella "Boheme" al Teatro dell'Opera di Roma e il conte di Luna nel "Trovatore" alla Fenice di Venezia. All'estero tornerò a Monaco di Baviera, Amburgo, New York e Washington dove L’anno prossimo mi attende il debutto in una nuova produzione del "Nabucco" verdiano in veste di protagonista.